viernes, 19 de junio de 2009

19.06.2009 - Apertura del Año Sacerdotal






LETTERA DEL SOMMO PONTEFICE
BENEDETTO XVI
PER L’INDIZIONE
DI UN ANNO SACERDOTALE
IN OCCASIONE DEL 150° ANNIVERSARIO
DEL DIES NATALIS
DEL SANTO CURATO D’ARS


Cari fratelli nel Sacerdozio,

nella prossima solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, venerdì 19 giugno 2009—giornata tradizionalmente dedicata alla preghiera per la santificazione del clero —, ho pensato di indire ufficialmente un «Anno Sacerdotale» in occasione del 150° anniversario del «dies natalis» di Giovanni Maria Vianney, il Santo Patrono di tutti i parroci del mondo.1 Tale anno, che vuole contribuire a promuovere l'impegno d'interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti per una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi, si concluderà nella stessa solennità del 2010. «Il Sacerdozio è l'amore del cuore di Gesù», soleva dire il Santo Curato d'Ars.2 Questa toccante espressione ci permette anzitutto di evocare con tenerezza e riconoscenza l'immenso dono che i sacerdoti costituiscono non solo per la Chiesa, ma anche per la stessa umanità. Penso a tutti quei presbiteri che offrono ai fedeli cristiani e al mondo intero l'umile e quotidiana proposta delle parole e dei gesti di Cristo, cercando di aderire a Lui con i pensieri, la volontà, i sentimenti e lo stile di tutta la propria esistenza. Come non sottolineare le loro fatiche apostoliche, il loro servizio infaticabile e nascosto, la loro carità tendenzialmente universale? E che dire della fedeltà coraggiosa di tanti sacerdoti che, pur tra difficoltà e incomprensioni, restano fedeli alla loro vocazione: quella di «amici di Cristo», da Lui particolarmente chiamati, prescelti e inviati?


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1 Tale lo ha proclamato il Sommo Pontefice Pio XI nel 1929.
2 «Le Sacerdoce, c'est l'amour du coeur de Jésus» (in Le curé d'Ars. Sa pensée – Son coeur. Présentés par l'Abbé Bernard Nodet, éd. Xavier Mappus, Foi Vivante, 1966, p. 98). In seguito: Nodet. L'espressione è citata anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1589.


Io stesso porto ancora nel cuore il ricordo del primo parroco accanto al quale esercitai il mio ministero di giovane prete: egli mi lasciò l'esempio di una dedizione senza riserve al proprio servizio pastorale, fino a trovare la morte nell'atto stesso in cui portava il viatico a un malato grave. Tornano poi alla mia memoria gli innumerevoli confratelli che ho incontrato e che continuo ad incontrare, anche durante i miei viaggi pastorali nelle diverse nazioni, generosamente impegnati nel quotidiano esercizio del loro ministero sacerdotale. Ma l'espressione usata dal Santo Curato evoca anche la trafittura del Cuore di Cristo e la corona di spine che lo avvolge. Il pensiero va, di conseguenza, alle innumerevoli situazioni di sofferenza in cui molti sacerdoti sono coinvolti, sia perché partecipi dell'esperienza umana del dolore nella molteplicità del suo manifestarsi, sia perché incompresi dagli stessi destinatari del loro ministero: come non ricordare i tanti sacerdoti offesi nella loro dignità, impediti nella loro missione, a volte anche perseguitati fino alla suprema testimonianza del sangue?

Ci sono, purtroppo, anche situazioni, mai abbastanza deplorate, in cui è la Chiesa stessa a soffrire per l'infedeltà di alcuni suoi ministri. È il mondo a trarne allora motivo di scandalo e di rifiuto. Ciò che massimamente può giovare in tali casi alla Chiesa non è tanto la puntigliosa rilevazione delle debolezze dei suoi ministri, quanto una rinnovata e lieta coscienza della grandezza del dono di Dio, concretizzato in splendide figure di generosi Pastori, di Religiosi ardenti di amore per Dio e per le anime, di Direttori spirituali illuminati e pazienti. A questo proposito, gli insegnamenti e gli esempi di san Giovanni Maria Vianney possono offrire a tutti un significativo punto di riferimento: il Curato d'Ars era umilissimo, ma consapevole, in quanto prete, d'essere un dono immenso per la sua gente: «Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio possa accordare ad una parrocchia e uno dei doni più preziosi della misericordia divina».3 Parlava del sacerdozio come se non riuscisse a capacitarsi della grandezza del dono e del compito affidati ad una creatura umana: «Oh come il prete è grande!... Se egli si comprendesse, morirebbe... Dio gli obbedisce: egli pronuncia due parole e Nostro Signore scende dal cielo alla sua voce e si rinchiude in una piccola ostia...».4 E spiegando ai suoi fedeli l'importanza dei sacramenti diceva: «Tolto il sacramento dell'Ordine, noi non avremmo il Signore. Chi lo ha riposto là in quel tabernacolo? Il sacerdote. Chi ha accolto la vostra anima al primo entrare nella vita? Il sacerdote. Chi la nutre per darle la forza di compiere il suo pellegrinaggio? Il sacerdote. Chi la preparerà a comparire innanzi a Dio, lavandola per l'ultima volta nel sangue di Gesù Cristo? Il sacerdote, sempre il sacerdote. E se quest'anima viene a morire [per il peccato], chi la risusciterà, chi le renderà la calma e la pace? Ancora il sacerdote... Dopo Dio, il sacerdote è tutto!... Lui stesso non si capirà bene che in cielo».5 Queste affermazioni, nate dal cuore sacerdotale del santo parroco, possono apparire eccessive. In esse, tuttavia, si rivela l'altissima considerazione in cui egli teneva il sacramento del sacerdozio. Sembrava sopraffatto da uno sconfinato senso di responsabilità: «Se comprendessimo bene che cos'è un prete sulla terra, moriremmo: non di spavento, ma di amore... Senza il prete la morte e la passione di Nostro Signore non servirebbero a niente. È il prete che continua l'opera della Redenzione sulla terra... Che ci gioverebbe una casa piena d'oro se non ci fosse nessuno che ce ne apre la porta? Il prete possiede la chiave dei tesori celesti: è lui che apre la porta; egli è l'economo del buon Dio; l'amministratore dei suoi beni... Lasciate una parrocchia, per vent'anni, senza prete, vi si adoreranno le bestie... Il prete non è prete per sé, lo è per voi».6


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3 NODET, p. 101
4 Ibid., p. 97.
5 Ibid., pp. 98-99.
6 Ibid., pp. 98-100.


Era giunto ad Ars, un piccolo villaggio di 230 abitanti, preavvertito dal Vescovo che avrebbe trovato una situazione religiosamente precaria: «Non c'è molto amor di Dio in quella parrocchia; voi ce ne metterete». Era, di conseguenza, pienamente consapevole che doveva andarvi ad incarnare la presenza di Cristo, testimoniandone la tenerezza salvifica: «[Mio Dio], accordatemi la conversione della mia parrocchia; accetto di soffrire tutto quello che vorrete per tutto il tempo della mia vita!», fu con questa preghiera che iniziò la sua missione.7 Alla conversione della sua parrocchia il Santo Curato si dedicò con tutte le sue energie, ponendo in cima ad ogni suo pensiero la formazione cristiana del popolo a lui affidato. Cari fratelli nel Sacerdozio, chiediamo al Signore Gesù la grazia di poter apprendere anche noi il metodo pastorale di san Giovanni Maria Vianney! Ciò che per prima cosa dobbiamo imparare è la sua totale identificazione col proprio ministero. In Gesù, Persona e Missione tendono a coincidere: tutta la sua azione salvifica era ed è espressione del suo «Io filiale» che, da tutta l'eternità, sta davanti al Padre in atteggiamento di amorosa sottomissione alla sua volontà. Con umile mavera analogia, anche il sacerdote deve anelare a questa identificazione. Non si tratta certo di dimenticare che l'efficacia sostanziale del ministero resta indipendente dalla santità del ministro; ma non si può neppure trascurare la straordinaria fruttuosità generata dall'incontro tra la santità oggettiva del ministero e quella soggettiva del ministro. Il Curato d'Ars iniziò subito quest'umile e paziente lavoro di armonizzazione tra la sua vita di ministro e la santità del ministero a lui affidato, decidendo di «abitare» perfino materialmente nella sua chiesa parrocchiale: «Appena arrivato egli scelse la chiesa a sua dimora... Entrava in chiesa prima dell'aurora e non ne usciva che dopo l'Angelus della sera. Là si doveva cercarlo quando si aveva bisogno di lui», si legge nella prima biografia.8


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7 Ibid., 183.
8 MONNIN A., Il Curato d'Ars. Vita di Gian-Battista-Maria Vianney, vol. I, ed. Marietti, Torino 1870, p. 122.


L'esagerazione devota del pio agiografo non deve farci trascurare il fatto che il Santo Curato seppe anche «abitare» attivamente in tutto il territorio della sua parrocchia: visitava sistematicamente gli ammalati e le famiglie; organizzava missioni popolari e feste patronali; raccoglieva ed amministrava denaro per le sue opere caritative e missionarie; abbelliva la sua chiesa e la dotava di arredi sacri; si occupava delle orfanelle della «Providence» (un istituto da lui fondato) e delle loro educatrici; si interessava dell'istruzione dei bambini; fondava confraternite e chiamava i laici a collaborare con lui.

Il suo esempio mi induce a evidenziare gli spazi di collaborazione che è doveroso estendere sempre più ai fedeli laici, coi quali i presbiteri formano l'unico popolo sacerdotale9 e in mezzo ai quali, in virtù del sacerdozio ministeriale, si trovano «per condurre tutti all'unità della carità, “amandosi l'un l'altro con la carità fraterna, prevenendosi a vicenda nella deferenza” (Rm 12, 10)».10 È da ricordare, in questo contesto, il caloroso invito con il quale il Concilio Vaticano II incoraggia i presbiteri a «riconoscere e promuovere sinceramente la dignità dei laici, nonché il loro ruolo specifico nell'ambito della missione della Chiesa… Siano pronti ad ascoltare il parere dei laici, considerando con interesse fraterno le loro aspirazioni e giovandosi della loro esperienza e competenza nei diversi campi dell'attività umana, in modo da poter insieme a loro riconoscere i segni dei tempi».11


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9 Cfr Lumen gentium, 10.
10 Presbyterorum ordinis, 9.
11 Ibid.


Ai suoi parrocchiani il Santo Curato insegnava soprattutto con la testimonianza della vita. Dal suo esempio i fedeli imparavano a pregare, sostando volentieri davanti al tabernacolo per una visita a Gesù Eucaristia.12 «Non c'è bisogno di parlar molto per ben pregare" — spiegava loro il Curato — «Si sa che Gesù è là, nel santo tabernacolo: apriamogli il nostro cuore, rallegriamoci della sua santa presenza.È questa la migliore preghiera».13 Ed esortava: «Venite alla comunione, fratelli miei, venite da Gesù. Venite a vivere di Lui per poter vivere con Lui...14 È vero che non ne siete degni, ma ne avete bisogno!».15 Tale educazione dei fedeli alla presenza eucaristica e alla comunione acquistava un'efficacia particolarissima, quando i fedeli lo vedevano celebrare il Santo Sacrificio della Messa. Chi vi assisteva diceva che «non era possibile trovare una figura che meglio esprimesse l'adorazione... Contemplava l'Ostia amorosamente».16 «Tutte le buone opere riunite non equivalgono al sacrificio della Messa, perché quelle sono opere di uomini, mentre la Santa Messa è opera di Dio»,17 diceva. Era convinto che dalla Messa dipendesse tutto il fervore della vita di un prete: «La causa della rilassatezza del sacerdote è che non fa attenzione alla Messa! Mio Dio, come è da compiangere un prete che celebra come se facesse una cosa ordinaria!».18 Ed aveva preso l'abitudine di offrire sempre, celebrando, anche il sacrificio della propria vita: «Come fa bene un prete ad offrirsi a Dio in sacrificio tutte le mattine!».19


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12 «La contemplazione è sguardo di fede fissato su Gesù. “Io lo guardo ed egli mi guarda”, diceva, al suo santo Curato, il contadino d'Ars in preghiera davanti al Tabernacolo» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2715)

13 NODET, p. 85.
14 Ibid., p. 114.
15 Ibid., p. 119.
16 MONNIN A., o.c., II, pp. 430ss.
17 NODET, p. 105.
18 Ibid., p. 105.
19 Ibid., p. 104.


Questa immedesimazione personale al Sacrificio della Croce lo conduceva — con un solo movimento interiore — dall'altare al confessionale. I sacerdoti non dovrebbero mai rassegnarsi a vedere deserti i loro confessionali né limitarsi a constatare la disaffezione dei fedeli nei riguardi di questo sacramento. Al tempo del Santo Curato, in Francia, la confessione non era né più facile, né più frequente che ai nostri giorni, dato che la tormenta rivoluzionaria aveva soffocato a lungo la pratica religiosa. Ma egli cercò in ogni modo, con la predicazione e con il consiglio persuasivo, di far riscoprire ai suoi parrocchiani il significato e la bellezza della Penitenza sacramentale, mostrandola come un'esigenza intima della Presenza eucaristica. Seppe così dare il via a un circolo virtuoso. Con le lunghe permanenze in chiesa davanti al tabernacolo fece sì che i fedeli cominciassero ad imitarlo, recandovisi per visitare Gesù, e fossero, al tempo stesso, sicuri di trovarvi il loro parroco, disponibile all'ascolto e al perdono. In seguito, fu la folla crescente dei penitenti, provenienti da tutta la Francia, a trattenerlo nel confessionale fino a 16 ore al giorno. Si diceva allora che Ars era diventata «il grande ospedale delle anime».20 «La grazia che egli otteneva [per la conversione dei peccatori] era sì forte che essa andava a cercarli senza lasciar loro un momento di tregua!», dice il primo biografo.21 Il Santo Curato non la pensava diversamente, quando diceva: «Non è il peccatore che ritorna a Dio per domandargli perdono, ma è Dio stesso che corre dietro al peccatore e lo fa tornare a Lui».22 «Questo buon Salvatore è così colmo d'amore che ci cerca dappertutto».23


Tutti noi sacerdoti dovremmo sentire che ci riguardano personalmente quelle parole che egli metteva in bocca a Cristo: «Incaricherò i miei ministri di annunciare ai peccatori che sono sempre pronto a riceverli, che la mia misericordia è infinita».24 Dal Santo Curato d'Ars noi sacerdoti possiamo imparare non solo un'inesauribile fiducia nel sacramento della Penitenza che ci spinga a rimetterlo al centro delle nostre preoccupazioni pastorali, ma anche il metodo del «dialogo di salvezza» che in esso si deve svolgere. Il Curato d'Ars aveva una maniera diversa di atteggiarsi con i vari penitenti. Chi veniva al suo confessionale attratto da un intimo e umile bisogno del perdono di Dio, trovava in lui l'incoraggiamento ad immergersi nel «torrente della divina misericordia» che trascina via tutto nel suo impeto. E se qualcuno era afflitto al pensiero della propria debolezza e incostanza, timoroso di future ricadute, il Curato gli rivelava il segreto di Dio con un'espressione di toccante bellezza: «Il buon Dio sa tutto. Prima ancora che voi vi confessiate, sa già che peccherete ancora e tuttavia vi perdona. Come è grande l'amore del nostro Dio che si spinge fino a dimenticare volontariamente l'avvenire, pur di perdonarci!».25 A chi, invece, si accusava in maniera tiepida e quasi indifferente, offriva, attraverso le sue stesse lacrime, la seria e sofferta evidenza di quanto quell'atteggiamento fosse «abominevole»: «Piango perché voi non piangete»,26 diceva. «Se almeno il Signore non fosse così buono!27 Ma è così buono! Bisogna essere barbari a comportarsi così davanti a un Padre così buono!». Faceva nascere il pentimento nel cuore dei tiepidi, costringendoli a vedere, con i propri occhi, la sofferenza di Dio per i peccati quasi «incarnata» nel volto del prete che li confessava. A chi, invece, si presentava già desideroso e capace di una più profonda vita spirituale, spalancava le profondità dell'amore, spiegando l'indicibile bellezza di poter vivere uniti a Dio e alla sua presenza: «Tutto sotto gli occhi di Dio, tutto con Dio, tutto per piacere a Dio... Com'è bello!».28 E insegnava loro a pregare: «Mio Dio, fammi la grazia di amarti tanto quanto è possibile che io t'ami».29


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20 MONNIN A., o. c., II, p. 293.
21 Ibid., II, p. 10.
22 NODET, p. 128.
23 Ibid., p. 50.
24 Ibid., p. 131.
25 Ibid., p. 130.
26 Ibid., p. 27.
27 Ibid., p. 139.
28 Ibid., p. 28.
29 Ibid., p. 77.


Il Curato d'Ars, nel suo tempo, ha saputo trasformare il cuore e la vita di tante persone, perché è riuscito a far loro percepire l'amore misericordioso del Signore. Urge anche nel nostro tempo un simile annuncio e una simile testimonianza della verità dell'Amore: Deus caritas est (1 Gv 4, 8). Con la Parola e con i Sacramenti del suo Gesù, Giovanni Maria Vianney sapeva edificare il suo popolo, anche se spesso fremeva convinto della sua personale inadeguatezza, al punto da desiderare più volte di sottrarsi alle responsabilità del ministero parrocchiale di cui si sentiva indegno. Tuttavia con esemplare obbedienza restò sempre al suo posto, perché lo divorava la passione apostolica per la salvezza delle anime. Cercava di aderire totalmente alla propria vocazione e missione mediante un'ascesi severa: «La grande sventura per noi parroci — deplorava il Santo — è che l'anima si intorpidisce»; 30 ed intendeva con questo un pericoloso assuefarsi del pastore allo stato di peccato o di indifferenza in cui vivono tante sue pecorelle. Egli teneva a freno il corpo, con veglie e digiuni, per evitare che opponesse resistenze alla sua anima sacerdotale. E non rifuggiva dal mortificare se stesso a bene delle anime che gli erano affidate e per contribuire all'espiazione dei tanti peccati ascoltati in confessione. Spiegava ad un confratello sacerdote: «Vi dirò qual è la mia ricetta: dò ai peccatori una penitenza piccola e il resto lo faccio io al loro posto».31 Al di là delle concrete penitenze a cui il Curato d'Ars si sottoponeva, resta comunque valido per tutti il nucleo del suo insegnamento: le anime costano il sangue di Gesù e il sacerdote non può dedicarsi alla loro salvezza se rifiuta di partecipare personalmente al «caro prezzo» della redenzione.

Nel mondo di oggi, come nei difficili tempi del Curato d'Ars, occorre che i presbiteri nella loro vita e azione si distinguano per una forte testimonianza evangelica. Ha giustamente osservato Paolo VI: «L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni».32 Perché non nasca un vuoto esistenziale in noi e non sia compromessa l'efficacia del nostro ministero, occorre che ci interroghiamo sempre di nuovo: «Siamo veramente pervasi dalla Parola di Dio? È vero che essa è il nutrimento di cui viviamo, più di quanto lo siano il pane e le cose di questo mondo? La conosciamo davvero? La amiamo? Ci occupiamo interiormente di questa Parola al punto che essa realmente dia un'impronta alla nostra vita e formi il nostro pensiero?».33 Come Gesù chiamò i Dodici perché stessero con Lui (cfr Mc 3, 14) e solo dopo li mandò a predicare, così anche ai giorni nostri i sacerdoti sono chiamati ad assimilare quel «nuovo stile di vita» che è stato inaugurato dal Signore Gesù ed è stato fatto proprio dagli Apostoli.34


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30 Ibid., p. 102.
31 Ibid., p. 189.
32 Evangelii nuntiandi, 41.
33 BENEDETTO XVI, Omelia nella Messa del S. Crisma, 9-4-2009.
34 Cfr BENEDETTO XVI, Discorso all'Assemblea plenaria della Congregazione del Clero, 16-3-2009.


Fu proprio l'adesione senza riserve a questo «nuovo stile di vita» che caratterizzò l'impegno ministeriale del Curato d'Ars. Il Papa Giovanni XXIII nella Lettera enciclica Sacerdotii nostri primordia, pubblicata nel 1959, primo centenario della morte di san Giovanni Maria Vianney, ne presentava la fisionomia ascetica con particolare riferimento al tema dei «tre consigli evangelici», giudicati necessari anche per i presbiteri: «Se, per raggiungere questa santità di vita, la pratica dei consigli evangelici non è imposta al sacerdote in virtù dello stato clericale, essa si presenta nondimeno a lui, come a tutti i discepoli del Signore, come la via regolare della santificazione cristiana».35 Il Curato d'Ars seppe vivere i «consigli evangelici» nelle modalità adatte alla sua condizione di presbitero. La sua povertà, infatti, non fu quella di un religioso o di un monaco, ma quella richiesta ad un prete: pur maneggiando molto denaro (dato che i pellegrini più facoltosi non mancavano di interessarsi alle sue opere di carità), egli sapeva che tutto era donato alla sua chiesa, ai suoi poveri, ai suoi orfanelli, alle ragazze della sua «Providence»,36 alle sue famiglie più disagiate. Perciò egli «era ricco per dare agli altri ed era molto povero per se stesso».37 Spiegava: «Il mio segreto è semplice: dare tutto e non conservare niente».38 Quando si trovava con le mani vuote, ai poveri che si rivolgevano a lui diceva contento: «Oggi sono povero come voi, sono uno dei vostri».39 Così, alla fine della vita, poté affermare con assoluta serenità: «Non ho più niente. Il buon Dio ora può chiamarmi quando vuole!».40 Anche la sua castità era quella richiesta a un prete per il suo ministero. Si può dire che era la castità conveniente a chi deve toccare abitualmente l'Eucaristia e abitualmente la guarda con tutto il trasporto del cuore e con lo stesso trasporto la dona ai suoi fedeli. Dicevano di lui che «la castità brillava nel suo sguardo», e i fedeli se ne accorgevano quando egli si volgeva a guardare il tabernacolo con gli occhi di un innamorato.41 Anche l'obbedienza di san Giovanni Maria Vianney fu tutta incarnata nella sofferta adesione alle quotidiane esigenze del suo ministero. È noto quanto egli fosse tormentato dal pensiero della propria inadeguatezza al ministero parrocchiale e dal desiderio di fuggire «a piangere la sua povera vita, in solitudine».42 Solo l'obbedienza e la passione per le anime riuscivano a convincerlo a restare al suo posto. A se stesso e ai suoi fedeli spiegava: «Non ci sono due maniere buone di servire Dio. Ce n'è una sola: servirlo come lui vuole essere servito».43 La regola d'oro per una vita obbediente gli sembrava questa: «Fare solo ciò che può essere offerto al buon Dio».44


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35 P. I.
36 Nome che diede alla casa dove fece accogliere e educare più di 60 ragazze abbandonate. Per mantenerla era disposto a tutto: «J'ai fait tous les commerces imaginables», diceva sorridendo (NODET, p. 214)
37 NODET, p. 216.
38 Ibid., p. 215.
39 Ibid., p. 216.
40 Ibid., p. 214.
41 Cfr Ibid., p. 112.
42 Cfr Ibid., pp. 82-84; 102-103.
43 Ibid., p. 75.
44 Ibid., p. 76.


Nel contesto della spiritualità alimentata dalla pratica dei consigli evangelici, mi è caro rivolgere ai sacerdoti, in quest'Anno a loro dedicato, un particolare invito a saper cogliere la nuova primavera che lo Spirito sta suscitando ai giorni nostri nella Chiesa, non per ultimo attraverso i Movimenti ecclesiali e le nuove Comunità. «Lo Spirito nei suoi doni è multiforme… Egli soffia dove vuole. Lo fa in modo inaspettato, in luoghi inaspettati e in forme prima non immaginate…maci dimostra anche che Egli opera in vista dell'unico Corpo e nell'unità dell'unico Corpo».45 A questo proposito, vale l'indicazione del Decreto Presbyterorum ordinis: «Sapendo discernere quali spiriti abbiano origine da Dio, (i presbiteri) devono scoprire con senso di fede i carismi, sia umili che eccelsi, che sotto molteplici forme sono concessi ai laici, devono ammetterli con gioia e fomentarli con diligenza».46 Tali doni che spingono non pochi a una vita spirituale più elevata, possono giovare non solo per i fedeli laici ma per gli stessi ministri. Dalla comunione tra ministri ordinati e carismi, infatti, può scaturire «un valido impulso per un rinnovato impegno della Chiesa nell'annuncio e nella testimonianza del Vangelo della speranza e della carità in ogni angolo del mondo».47 Vorrei inoltre aggiungere, sulla scorta dell'Esortazione apostolica Pastores dabo vobis del Papa Giovanni Paolo II, che il ministero ordinato ha una radicale «forma comunitaria» e può essere assolto solo nella comunione dei presbiteri con il loro Vescovo.48 Occorre che questa comunione fra i sacerdoti e col proprio Vescovo, basata sul sacramento dell'Ordine e manifestata nella concelebrazione eucaristica, si traduca nelle diverse forme concrete di una fraternità sacerdotale effettiva ed affettiva.49 Solo così i sacerdoti sapranno vivere in pienezza il dono del celibato e saranno capaci di far fiorire comunità cristiane nelle quali si ripetano i prodigi della prima predicazione del Vangelo.


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45 BENEDETTO XVI, Omelia nella Veglia di Pentecoste, 3-6-2006.
46 N. 9.
47 BENEDETTO XVI, Discorso ai Vescovi amici del Movimento dei Focolari e della Comunità di Sant'Egidio, 8-2-2007.
48 Cfr n. 17.
49 Cfr GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. Pastores dabo vobis, 74.


L'Anno Paolino che volge al termine orienta il nostro pensiero anche verso l'Apostolo delle genti, nel quale rifulge davanti ai nostri occhi uno splendido modello di sacerdote, totalmente «donato» al suo ministero. «L'amore del Cristo ci possiede — egli scriveva — e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti» (2 Cor 5, 14). Ed aggiungeva: «Egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro» (2 Cor 5, 15). Quale programma migliore potrebbe essere proposto ad un sacerdote impegnato ad avanzare sulla strada della perfezione cristiana?

Cari sacerdoti, la celebrazione del 150° anniversario della morte di san Giovanni Maria Vianney (1859) segue immediatamente le celebrazioni appena concluse del 150° anniversario delle apparizioni di Lourdes (1858). Già nel 1959 il beato Papa Giovanni XXIII aveva osservato: «Poco prima che il Curato d'Ars concludesse la sua lunga carriera piena di meriti, la Vergine Immacolata era apparsa, in un'altra regione di Francia, ad una fanciulla umile e pura, per trasmetterle un messaggio di preghiera e di penitenza, di cui è ben nota, da un secolo, l'immensa risonanza spirituale. In realtà la vita del santo sacerdote, di cui celebriamo il ricordo, era in anticipo un'illustrazione vivente delle grandi verità soprannaturali insegnate alla veggente di Massabielle. Egli stesso aveva per l'Immacolata Concezione della Santissima Vergine una vivissima devozione, lui che nel 1836 aveva consacrato la sua parrocchia a Maria concepita senza peccato, e doveva accogliere con tanta fede e gioia la definizione dogmatica del 1854».50 Il Santo Curato ricordava sempre ai suoi fedeli che «Gesù Cristo dopo averci dato tutto quello che ci poteva dare, vuole ancora farci eredi di quanto egli ha di più prezioso, vale a dire della sua Santa Madre».51


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50 Lettera enc. Sacerdotii nostri primordia, P. III.
51 NODET, p. 244.


Alla Vergine Santissima affido questo Anno Sacerdotale, chiedendole di suscitare nell'animo di ogni presbitero un generoso rilancio di quegli ideali di totale donazione a Cristo ed alla Chiesa che ispirarono il pensiero e l'azione del Santo Curato d'Ars. Con la sua fervente vita di preghiera e il suo appassionato amore a Gesù crocifisso Giovanni Maria Vianney alimentò la sua quotidiana donazione senza riserve a Dio e alla Chiesa. Possa il suo esempio suscitare nei sacerdoti quella testimonianza di unità con il Vescovo, tra loro e con i laici che è, oggi come sempre, tanto necessaria. Nonostante il male che vi è nel mondo, risuona sempre attuale la parola di Cristo ai suoi Apostoli nel Cenacolo: «Nel mondo avrete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo» (Gv 16, 33). La fede nel Maestro divino ci dà la forza per guardare con fiducia al futuro. Cari sacerdoti, Cristo conta su di voi. Sull'esempio del Santo Curato d'Ars, lasciatevi conquistare da Lui e sarete anche voi, nel mondo di oggi, messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace!

Con la mia benedizione.

Dal Vaticano, 16 giugno 2009


«Il sacerdozio è l’amore del Cuore di Gesù»


(SAN GIOVANNI MARIA VIANNEY)




SANTO CURATO D’ARS
OLIO SU TELA
REALIZZATO DAL SACERDOTE ROMANO
DON GOFFREDO REZZICCHIA
NEL 1959
VENERATO NELLA PARROCCHIA
DI SAN GIOVANNI MARIA VIANNEY
ALLA BORGHESIANA
ROMA


APERTURA DELL’ANNO SACERDOTALE


Mentre il Santo Padre e i Ministri si avviano in processione si canta:

TU ES PETRUS


La schola:

Tu es Petrus, et super hanc petram ædificabo Ecclesiam meam.

La schola:

Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa.

Il Santo Padre si reca alla Cappella del Coro, dove sono esposte le Reliquie di San Giovanni Maria Vianney, per una statio.

VENERAZIONE DELLE RELIQUIE


DI SAN GIOVANNI MARIA VIANNEY


Sacerdote
(Lyon 1786 – Ars 1859)


Il Santo Padre prega silenziosamente, quindi incensa le reliquie del Santo Curato d’Ars.

PREGHIERA PER L’ANNO SACERDOTALE


Il Santo Padre:

Signore Gesù, che in san Giovanni Maria Vianney hai voluto donare alla Chiesa una toccante immagine della tua carità pastorale, fa' che, in sua compagnia e sorretti dal suo esempio, viviamo in pienezza quest'Anno Sacerdotale.

Fa' che, sostando come lui davanti all'Eucaristia, possiamo imparare quanto sia semplice e quotidiana la tua parola che ci ammaestra; tenero l'amore con cui accogli i peccatori pentiti; consolante l'abbandono confidente alla tua Madre Immacolata.

Fa', o Signore Gesù, che, per intercessione del Santo Curato d'Ars, le famiglie cristiane divengano «piccole chiese», in cui tutte le vocazioni e tutti i carismi, donati dal tuo Santo Spirito, possano essere accolti e valorizzati. Concedici, Signore Gesù, di poter ripetere con lo stesso ardore del Santo Curato le parole con cui egli soleva rivolgersi a Te:


«Ti amo, o mio Dio, e il mio solo desiderio
è di amarti fino all'ultimo respiro della mia vita.
Ti amo, o Dio infinitamente amabile,
e preferisco morire amandoti
piuttosto che vivere un solo istante senza amarti.
Ti amo, Signore, e l'unica grazia che ti chiedo
è di amarti eternamente.
Mio Dio, se la mia lingua
non può dirti ad ogni istante che ti amo,
voglio che il mio cuore te lo ripeta
tante volte quante volte respiro.
Ti amo, o mio Divino Salvatore,
perché sei stato crocifisso per me,
e mi tieni quaggiù crocifisso con Te.
Mio Dio, fammi la grazia di morire amandoti
e sapendo che ti amo». Amen.


Quindi il Santo Padre e i Ministri procedono verso l’Altare, mentre si esegue una suonata d’organo.

CELEBRAZIONE DEI VESPRI


Riti di introduzione


Il Santo Padre, stando alla Cattedra, canta:



L’assemblea:





Inno


L’assemblea e la schola cantano alternativamente le strofe dell’inno.



2.  Nil canitur suavius,
auditur nil iucundius,
nil cogitatur dulcius
quam Iesus Dei Filius.

3.  Iesu, dulcedo cordium,
fons veri, lumen mentium,
excedis omne gaudium
et omne desiderium.

4.  Quando cor nostrum visitas,
tunc lucet ei veritas,
mundi vilescit vanitas
et intus fervet caritas.

5.  Da nobis largus veniam,
amoris tui copiam;
da nobis per præsentiam
tuam videre gloriam.

6.  Laudes tibi nos pangimus,
dilectus es qui Filius,
quem Patris atque Spiritus
splendor revelat inclitus. Amen.

Salmodia


I Salmi sono cantati alternativamente dalla schola e dall’assemblea.

I Salmo


1. Antifona

La schola:                Sal 109, 2



Domina, Signore, in mezzo ai tuoi nemici: il tuo giogo è leggero.

SALMO 109


Dixit Dominus Domino meo: * «Sede a dextris meis,

donec ponam inimicos tuos * scabellum pedum tuorum».

Virgam potentiæ tuæ emittet Dominus ex Sion: * dominare in medio inimicorum tuorum.

Tecum principatus in die virtutis tuæ, in splendoribus sanctis, * ex utero ante luciferum genui te.

Iuravit Dominus et non pænitebit eum: * «Tu es sacerdos in æternum secundum ordinem Melchisedech».

Dominus a dextris tuis, * conquassabit in die iræ suæ reges.

De torrente in via bibet, * propterea exaltabit caput.

Gloria Patri, et Filio, * et Spiritui Sancto.

Sicut erat in principio, et nunc et semper, * et in sæcula sæculorum. Amen.

Oracolo del Signore al mio Signore: * «Siedi alla mia destra,

finché io ponga i tuoi nemici * a sgabello dei tuoi piedi».

Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: * «Domina in mezzo ai tuoi nemici.

A te il principato nel giorno della tua potenza * tra santi splendori; dal seno dell’aurora, * come rugiada, io ti ho generato».


Il Signore ha giurato e non si pente: * «Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek».

Il Signore è alla tua destra, * annienterà i re nel giorno della sua ira.

Lungo il cammino si disseta al torrente * e solleva alta la testa.

Gloria al Padre e al Figlio * e allo Spirito Santo.

Come era nel principio, e ora e sempre, * nei secoli dei secoli. Amen.



Ant.  Suavi iugo tuo dominare, Domine, in medio inimicorum tuorum.

Pausa di silenzio per la preghiera personale.

II Salmo


2. Antifona

La schola:                Sal 110, 4-5



Grazia e misericordia è il Signore: ha dato un cibo a quelli che lo temono.

SALMO 110


Confitebor Domino in toto corde meo, * in consilio iustorum et congregatione.

Magna opera Domini, * exquirenda omnibus, qui cupiunt ea.

Decor et magnificentia opus eius, * et iustitia eius manet in sæculum sæculi.

Memoriam fecit mirabilium suorum, * misericors et miserator Dominus.

Escam dedit timentibus se, * memor erit in sæculum testamenti sui.

Virtutem operum suorum annuntiavit populo suo, ut det illis hereditatem gentium; *

opera manuum eius veritas et iudicium.

Fidelia omnia mandata eius, confirmata in sæculum sæculi, * facta in veritate et æquitate.

Redemptionem misit populo suo, * mandavit in æternum testamentum suum.

Sanctum et terribile nomen eius. * Initium sapientiæ timor Domini,

intellectus bonus omnibus facientibus ea; * laudatio eius manet in sæculum sæculi.

Gloria Patri, et Filio, * et Spiritui Sancto.

Sicut erat in principio, et nunc et semper, * et in sæcula sæculorum. Amen.

Renderò grazie al Signore con tutto il cuore, * nel consesso dei giusti e nell’assemblea.

Grandi sono le opere del Signore, * le contemplino coloro che le amano.

Le sue opere sono splendore di bellezza, * la sua giustizia dura per sempre.

Ha lasciato un ricordo dei suoi prodigi: * pietà e tenerezza è il Signore.

Egli da il cibo a chi lo teme, * si ricorda sempre della sua alleanza.

Mostrò al suo popolo la potenza delle sue opere, * gli diede l’eredità delle genti.


Le opere delle sue mani sono verità e giustizia, * stabili sono tutti i suoi comandi,

immutabili nei secoli, per sempre, * eseguiti con fedeltà e rettitudine.

Mandò a liberare il suo popolo, * stabilì la sua alleanza per sempre.

Santo e terribile il suo nome. * Principio della saggezza è il timore del Signore,

saggio è colui che gli è fedele; * la lode del Signore è senza fine.

Gloria al Padre e al Figlio * e allo Spirito Santo.

Come era nel principio, e ora e sempre, * nei secoli dei secoli. Amen.



Ant.  Misericors et miserator Dominus: escam dedit timentibus se.

Pausa di silenzio per la preghiera personale.

Cantico


3. Antifona

Gv 1, 29




Ecco l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo, alleluia.

FIL 2, 6-11


Christus Iesus, cum in forma Dei esset, * non rapinam arbitratus est esse se æqualem Deo,

sed semetipsum exinanivit formam servi accipiens, in similitudinem hominum factus; * et habitu inventus ut homo,

humiliavit semetipsum factus oboediens usque ad mortem, * mortem autem crucis.

Propter quod et Deus illum exaltavit et donavit illi nomen, * quod est super omne nomen,

ut in nomine Iesu omne genu flectatur * cælestium et terrestrium et infernorum

et omnis lingua confiteatur: * «Dominus Iesus Christus!», in gloriam Dei Patris.


Gloria Patri, et Filio, * et Spiritui Sancto.

Sicut erat in principio, et nunc et semper, * et in sæcula sæculorum. Amen.

Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, * non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio;

ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo * e divenendo simile agli uomini;

apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte * e alla morte di croce.

Per questo Dio l’ha esaltato * e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome;

perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra * e sotto terra;

e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, * a gloria di Dio Padre.

Gloria al Padre e al Figlio * e allo Spirito Santo.

Come era nel principio, e ora e sempre, * nei secoli dei secoli. Amen.



Ant.  Ecce Agnus Dei, ecce qui tollit peccata mundi, alleluia.

Pausa di silenzio per la preghiera personale.

Lettura biblica


Ef 2, 4-10


Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.

Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.


Omelia


II Santo Padre tiene l’omelia.

Segue una pausa di silenzio per la riflessione personale.

Responsorio breve




R.  Cristo per amore ci ha lavati da ogni colpa * con il suo sangue.

Cristo per amore ci ha lavati da ogni colpa con il suo sangue.

V.  Ha fatto di noi un popolo regale, sacerdoti per la gloria del Padre, con il suo sangue.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.

Cristo per amore ci ha lavati da ogni colpa con il suo sangue.

Cantico della Beata Vergine Maria


Durante il canto del «Magnificat», il Santo Padre infonde l’incenso nei turiboli e due Diaconi incensano la Croce, l’Altare, il Santo Padre e l’assemblea.

Antifona

La schola:                  cf. Lc 1, 54



Il Signore ci ha accolti nel suo cuore, ricordando la sua misericordia, alleluia.

La schola e l’assemblea cantano alternativamente le strofe.

MAGNIFICAT


Esultanza dell’anima nel Signore

Lc 1, 46-55


1.  Magnificat * anima mea Dominum.

1.  L’anima mia magnifica il Signore.







3.  quia respexit humilitatem ancillæ suæ. * Ecce enim ex hoc beatam me dicent omnes generationes,

4.  quia fecit mihi magna, qui potens est, * et sanctum nomen eius,

5.  et misericordia eius in progenies et progenies * timentibus eum.


6.  Fecit potentiam in brachio suo, * dispersit superbos mente cordis sui;

7.  deposuit potentes de sede * et exaltavit humiles;

8.  esurientes implevit bonis * et divites dimisit inanes.

9.  Suscepit Israel puerum suum, * recordatus misericordiæ,

10.  sicut locutus est ad patres nostros, * Abraham et semini eius in sæcula.

11.  Gloria Patri, et Filio, * et Spiritui Sancto.


12.  Sicut erat in principio, etnunc et semper, * et in sæcula sæculorum. Amen.

2.  E il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore.

3.  Perché ha guardato l’umiltà della sua serva. * D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

4.  Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente * e Santo è il suo nome.

5.  Di generazione in generazione la sua misericordia * si stende su quelli che lo temono.

6.  Ha spiegato la potenza del suo braccio, * ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore.

7.  Ha rovesciato i potenti dai troni, * ha innalzato gli umili.

8.  Ha ricolmato di beni gli affamati, * ha rimandato i ricchi a mani vuote.

9.  Ha soccorso Israele, suo servo, * ricordandosi della sua misericordia.

10.  Come aveva promesso ai nostri padri, * ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre.

11.  Gloria al Padre e al Figlio * e allo Spirito Santo.

12.  Come era nel principio, e ora e sempre, * nei secoli dei secoli. Amen.



Ant.  Suscepit nos Dominus in sinum et cor suum, recordatus misericordiæ suæ, alleluia.

Intercessioni


Il Santo Padre:

Iesum, requiem animarum, deprecemur, fratres, et ab eo postulemus:

Il Santo Padre:

Invochiamo con fede Gesù redentore, perché dia pace e ristoro alle nostre anime:



Il cantore:



L’assemblea ripete:  Christe, summe Sacerdos, exaudi nos.

Inglese

Jesus, whose heart when pierced by a lance poured forth
blood and water and gave birth to your spouse the Church,
— cleanse and sanctify us.

Il cantore:



R.  Christe, summe Sacerdos, exaudi nos.

Francese

Jésus, temple saint de Dieu,
demeure du Très-Haut, porte du ciel,
— construis ton Église.

Il cantore:   Dominum deprecemur.

R.  Christe, summe Sacerdos, exaudi nos.

Tedesco

Jesus, du König und Mitte aller Herzen;
— nimm alle Menschen auf in den Neuen Bund.

Il cantore:  Dominum deprecemur.

R.  Christe, summe Sacerdos, exaudi nos.

Polacco

Jezu, pokoju i pojednanie nasze, Ty przez swój krzyż
zjednoczyłeś wszystkich ludzi i położyłeś kres nieprzyjaźni,
— otwórz nam dostęp do Ojca.

Il cantore:  Dominum deprecemur.

R.  Christe, summe Sacerdos, exaudi nos.

Spagnolo

Jesús, vida y resurrección nuestra, alivio de los que están agobiados,
en quien encontramos nuestro descanso,
— atrae hacia ti a los pecadores.

Il cantore:  Dominum deprecemur.

R.  Christe, summe Sacerdos, exaudi nos.

Portoghese

Jesus Cristo, obediente até à morte na cruz
por causa da vossa infinita caridade para connosco,
— ressuscitai todos os que adormeceram na vossa paz.

Il cantore:  Dominum deprecemur.

R.  Christe, summe Sacerdos, exaudi nos.

Padre nostro


Il Santo Padre:



L’assemblea:







Orazione


Il Santo Padre:

Concede, quæsumus, omnipotens Deus, ut qui, dilecti Filii tui corde gloriantes, eius præcipua in nos beneficia recolimus caritatis, de illo donorum fonte cælesti supereffluentem gratiam mereamur accipere.

Per Dominum nostrum Iesum Christum, Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia sæcula sæculorum.

R.  Amen.

Il Santo Padre:

O Padre, che nel cuore del tuo dilettissimo Figlio ci dai la gioia di celebrare le grandi opere del suo amore per noi, fa’ che da questa fonte inesauribile attingiamo l’abbondanza dei tuoi doni.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.


R.  Amen.



ESPOSIZIONE E ADORAZIONE EUCARISTICA


Il Diacono colloca nell’ostensorio sull’Altare l’Ostia per l’adorazione. Il Santo Padre si reca all’Altare e incensa il Santissimo Sacramento mentre la schola e l’assemblea eseguono il

Canto di esposizione


AVE VERUM


La schola:



L’assemblea:



La schola:



L’assemblea:



La schola: L’assemblea:



Adoriamo, o Cristo, il tuo corpo glorioso, nato dalla Vergine Maria; per noi hai voluto soffrire, per noi ti sei offerto vittima sulla croce e dal tuo fianco squarciato hai versato l’acqua e il sangue del nostro riscatto. Sii nostro conforto nell’ultimo passaggio e accoglici benigno nella casa del Padre: o Gesù dolce, o Gesù pio, o Gesù, Figlio di Maria.


Canto di adorazione


Momento di silenzio per l’adorazione e la preghiera personale.

ADORO DEVOTE


L’assemblea:



1.  O Gesù ti adoro, ostia candida, - sotto un vel di pane nutri l’anima.
- Solo in te il mio cuore si abbandonerà, - perché tutto è vano se contemplo te.


Il lettore:

Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio,
colui che viene nel mondo. (Gv 11, 27)

L’assemblea:

2.  Visus, gustus, tactus, in te fallitur; - sed solus auditus tute creditur. - Credo quicquid dixit Dei Filius; - nihil Veritatis verbo verius.

L’assemblea:

2.  L’occhio, il gusto, il tatto non arriva a te, - ma la tua parola resta salda in me: - Figlio sei di Dio, nostra verità; - nulla di più vero, se ci parli tu.



Il lettore:

Geù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno.
In verità io ti dico:
oggi con me sarai nel paradiso. (Lc 23, 42)

L’assemblea:

3.  In cruce latebat sola Deitas; - sed hic latet simul et humanitas. - Ambo tamen credens atque confitens, - peto quod petivit latro pænitens.

L’assemblea:

3.  Hai nascosto in Croce la divinità, - sull’altare veli pur l’umanità; - Uomo-Dio la fede ti rivela a me, - come al buon ladrone dammi un giorno il ciel.



Il lettore:

Gesù disse a Tommaso:
«Perché mi hai veduto, tu hai creduto;
beati quelli che non hanno visto e hanno creduto». (Gv 20, 29)

L’assemblea:

4.  Plagas, sicut Thomas, non intueor; - meum tamen Deum te confiteor. - Fac me tibi semper magis credere, - in te spem habere, te diligere.

L’assemblea:

4.  Anche se le piaghe non mi fai toccar, - grido con Tommaso: «Sei il mio Signor»; - cresca in me la fede, voglio in te sperar - pace trovi il cuore solo nel tuo amor.



Il lettore:

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.
Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno
e il pane che io darò
è la mia carne per la vita del mondo. (Gv 6, 51)

L’assemblea:

5.  O memoriale mortis Domini, - Panis veram vitam præstans homini, - præsta meæ menti de te vivere, - et te semper illi dulce sapere.

L’assemblea:

5.  Sei ricordo eterno che morì il Signor, - pane vivo, vita, tu diventi me. - Fa’ che la mia mente luce attinga a te - e della tua manna porti il gusto in sé.



Il lettore:

Gesù disse:
Bevetene tutti,
perché questo è il mio sangue dell’alleanza,
che è versato per molti per il perdono dei peccati. (Mt 26, 27-28)

L’assemblea:

6.  Pie pelicane, Iesu Domine, - me immundum munda tuo sanguine, - cuius una stilla salvum facere - totum mundum posset omni scelere.

L’assemblea:

6.  Come il pellicano nutri noi di te; - dal peccato grido: «Lavami, Signor». - Il tuo sangue è fuoco, brucia il nostro error, - una sola stilla tutti può salvar.



Il lettore:

Padre,
voglio che quelli che mi hai dato
siano anch’essi con me dove sono io,
perché contemplino la mia gloria. (Gv 17, 24)

L’assemblea:

7.  Iesu, quem velatum nunc aspicio, - quando fiet illud quod tam cupio: - ut, te revelata cernens facie, - visu sim beatus tuæ gloriæ? Amen.

L’assemblea:

7.  Ora guardo l’Ostia, che ti cela a me, - ardo dalla sete di vedere te: - quando questa carne si dissolverà, - il tuo viso, luce si disvelerà. Amen.



BENEDIZIONE EUCARISTICA


Inno


Il Santo Padre, genuflesso, incensa il Santissimo Sacramento, mentre la schola e l’assemblea cantano il

TANTUM ERGO






1.  Adoriamo il Sacramento
che Dio Padre ci donò.
Nuovo patto, nuovo rito
nella fede si compì.
Al mistero è fondamento
la parola di Gesù.

2.  Gloria al Padre onnipotente,
gloria al Figlio Redentor,
lode grande, sommo onore
all’eterna Carità.
Gloria immensa, eterno amore
alla santa Trinità. Amen.

Orazione


Il Santo Padre:

Oremus.

Deus, qui nobis sub sacramento mirabili passionis tuæ memoriam reliquisti, tribue, quæsumus, ita nos Corporis et Sanguinis tui sacra mysteria venerari, ut redemptionis tuæ fructum in nobis iugiter sentiamus.


Qui vivis et regnas in sæcula sæculorum.

R.  Amen.

Il Santo Padre:

Preghiamo.

Signore Gesù Cristo, che nel mirabile sacramento dell’Eucaristia ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua, fa’ che adoriamo con viva fede il santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue, per sentire sempre in noi i benefici della redenzione.

Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

R.  Amen.



Benedizione


Detta l’orazione, il Santo Padre indossa il velo omerale, prende l’ostensorio e fa con il Santissimo Sacramento il segno di croce sul popolo, senza dire nulla.

Acclamazioni


Il Santo Padre e l’assemblea:

Dio sia benedetto.
Benedetto il suo santo nome.
Benedetto Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo.
Benedetto il nome di Gesù.
Benedetto il suo sacratissimo Cuore.
Benedetto il suo preziosissimo Sangue.
Benedetto Gesù nel santissimo Sacramento dell’Altare.
Benedetto lo Spirito Santo Paraclito.
Benedetta la gran Madre di Dio, Maria santissima.
Benedetta la sua santa e immacolata Concezione.
Benedetta la sua gloriosa Assunzione.
Benedetto il nome di Maria, vergine e madre.
Benedetto san Giuseppe, suo castissimo sposo.
Benedetto Dio nei suoi angeli e nei suoi santi.

Il Diacono ripone il Santissimo Sacramento nel tabernacolo.

Antifona mariana


SALVE, REGINA












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