domingo, 12 de octubre de 2008

12.10.2008 - Santa Misa y Canonizaciones - 1ª Parte (Biografías)



Holy Mass and Canonizations - 2008.10.12




BEATI


GAETANO ERRICO
Presbitero
Fondatore del Missionari
Dei Sacri Cuori di Gesù e Maria



MARIA BERNARDA (VERENA) BÜTLER
Fondratrice della Congregazione delle Suore
Francescane Missionarie di Marie Ausiliatrice


ALFONSA DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE
ANNA MUTTATHUPADATHU
Vergine
della Congregazione delle Francescane Clarisse


NARCISA DE JESÚS MARTILLO MORÁN
Laica


UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE
DEL SOMMO PONTEFICE
NOTIFICAZIONE  
  
CAPPELLA PAPALE
PER LA CANONIZZAZIONE DEI BEATI

PROFILO BIOGRAFICO DEI BEATI



GAETANO ERRICO




Fondatore dei Missionari dei Sacri Cuori, nasce il 19 ottobre 1791 a Secondigliano, antico casale a nord della città di Napoli. È il terzogenito di dieci figli di Pasquale e Maria Marseglia. Il papà gestisce un modesto laboratorio artigianale per la produzione dei maccheroni, la mamma tesse la felpa. Viene battezzato il giorno dopo la nascita nella chiesa parrocchiale dei Santi Cosma e Damiano con i nomi di Gaetano, Cosma e Damiano. Frequenta la scuola comunale con due maestri sacerdoti, Tagliamonte e Vitagliano. A sette anni è ammesso alla prima comunione e ad undici al sacramento della confermazione. A quattordici anni chiede di entrare prima tra i Cappuccini e, poi, tra i Redentoristi, ma la domanda è respinta a causa dell’età.

A sedici anni chiede di essere ammesso al seminario arcivescovile di Napoli. Nel gennaio del 1808 indossa l’abito talare e poiché la famiglia non è in grado di sostenere i costi per il suo mantenimento da interno, segue gli studi da esterno, raggiungendo a piedi il seminario. Ogni giorno, tra andata e ritorno, sono 8 chilometri, con il freddo, il caldo e la pioggia, attirando l’ammirazione delle persone, che al vederlo passare esclamano: «Ecco San Gaetano che passa!».

Nel tempo della sua formazione seminaristica segue con grande profitto la scuola, partecipa tutte le mattine alla Messa, riceve la comunione, aiuta in famiglia, visita ogni giovedì gli ammalati dell’ospedale «Incurabili» di Napoli, portando loro qualche regalo, frutto dei suoi risparmi settimanali, e la domenica va in giro per le strade con il crocefisso per raccogliere i fanciulli per il catechismo.

È ordinato sacerdote il 23 settembre del 1815 dal Card. Ruffo Scilla nella Cappella di Santa Restituta, nella Cattedrale di Napoli.

A don Gaetano, diventato sacerdote, viene subito assegnato il compito di maestro comunale, che esercita, per quasi vent’anni, con diligenza, vigilanza e zelo, preoccupandosi, con la cultura, di insegnare, soprattutto, i principi cristiani. Si dedica con amore al servizio pastorale nella chiesa parrocchiale dei Santi Cosma e Damiano.

Sviluppa la sua attività apostolica secondo quattro direzioni: annuncio della Parola, ministero della riconciliazione, assistenza materiale e spirituale ai malati, servizio della carità. Quattro modi distinti per dire agli uomini che Dio è Padre e li ama.

Ha una vita d’intensa preghiera e di rigorosa penitenza, da far dire alla mamma, che lava le sue camicie intrise di sangue: «Adesso mi fai sentire quel dolore che non intesi quando ti portai in seno e ti partorii».

Ogni anno, da sacerdote, si ritira a Pagani (Salerno), nella casa dei padri Redentoristi, per gli esercizi spirituali. Nell’anno 1818, mentre prega nel coro, avviene un fatto destinato a segnare ed a cambiare il corso della sua vita: gli appare Sant’Alfonso per comunicargli che Dio lo vuole fondatore di una Congregazione religiosa, dandogli come «segno» la costruzione in Secondigliano di una chiesa in onore della Vergine Addolorata. L’annuncio che è Dio a volere la costruzione di una chiesa in onore dell’Addolorata, in Secondigliano è accolto con entusiasmo dalla maggior parte del popolo,mac’è anche chi si dimostra diffidente ed ostile. Gli avversari, pochi, ma molto agguerriti e combattivi, giurano che impediranno la costruzione della chiesa. Quando il progetto sembra definitivamente destinato a fallire, don Gaetano continua a credervi ed assicura la gente: «La chiesa si farà, perché è Dio a volerla». Il 9 dicembre del 1830 la chiesa è benedetta.

Terminata la costruzione, Gaetano Errico commissiona a Francesco Verzella, scultore napoletano, una statua in legno della Madonna Addolorata. La tradizione vuole che egli abbia fatto rifare più volte il volto, esclamando alla fine: «Così era». L’aveva vista in visione?

La statua fa il suo ingresso in Secondigliano nel maggio del 1835 e da allora continuano ininterrotti il pellegrinaggio e la devozione dei fedeli verso l’Addolorata di Gaetano Errico.

Negli anni seguenti, mentre don Gaetano prega nel medesimo coro di Pagani, davanti al Santissimo Sacramento, il Signore gli manifesta che la nuova Congregazione «dev’essere istituita in onore dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria».

Da allora i Sacri Cuori diventano per Gaetano Errico il centro della sua azione apostolica e missionaria ed egli l’apostolo del loro amore misericordioso in tutto il Meridione d’Italia. L’amore dei Sacri Cuori lo spinge a cercare il fratello peccatore per portarlo al Padre, anche a costo della vita e a donarsi senza soste e misura, soprattutto, ai fratelli delle categorie meno protette: malati, operai, artigiani, contadini, analfabeti, ragazze senza dote e in pericolo, carcerati. Si propone di far sentire a tutti la presenza di un Padre amoroso, pronto al perdono e lento all’ira.

Terminata la chiesa, don Gaetano comincia a costruire in un luogo adiacente la casa che dovrà ospitare i futuri religiosi, i Missionari dei Sacri Cuori. Costruisce dapprima una piccola casa, dove nel 1833 si ritira ad abitare insieme ad un laico, che cura il servizio della chiesa.

Con il trasferimento dalla casa paterna, inizia «ufficialmente» la realizzazione dell’incarico più importante ricevuto da Dio: la fondazione della Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori.

Ingrandita la casa, fonda il «Ritiro sacerdotale dei Sacri Cuori», per accogliere i sacerdoti disposti ad impegnarsi soprattutto nel lavoro delle missioni popolari.

Don Gaetano è un uomo di Dio, è un «santo». Come ha fatto a diventarlo?

Il primo segreto della sua santità è «consumare le ginocchia nella preghiera e... anche nel pavimento». Che don Gaetano sia un uomo di preghiera lo testimoniano le tante persone che l’hanno conosciuto e le due «fossette» nel pavimento della sua stanza, scavate dalle sue ginocchia.

La penitenza è il secondo segreto della sua «santità». Nei venerdì e sabati limita i suoi pasti ad un solo piatto di minestra. Tutti i mercoledì ed in molte vigilie digiuna a pane ed acqua. Spesso dorme per terra. Porta «un cilicio che cinge la sua persona: petto, braccia e gambe». «Usa discipline di cordicella e di ferro di varie specie».

Don Gaetano nel 1833 inoltra al Re la domanda per il riconoscimento di un Ritiro, che è approvato insieme al regolamento il 14 marzo 1836. Il 1° ottobre 1836 apre il noviziato, ammettendovi nove giovani. Nel maggio 1838 chiede il riconoscimento pontificio della Congregazione ed il 30 giugno riceve dalla Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari il decreto di lode. Il 6 aprile del 1839, allo scopo di consolidare lo sviluppo della Congregazione, chiede il riconoscimento governativo, che il Re concede il 13 maggio, dichiarando «la Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori legittimamente esistente e capace di godere dei corrispondenti effetti civili e canonici».

Nell’aprile 1846 ritorna a Roma per chiedere la definitiva approvazione. La Congregazione è cresciuta: è aumentato il numero dei congregati e sono state aperte diverse case. Il 7 agosto 1846 il Beato Papa Pio IX emette il decreto di approvazione ed il 15 settembre il Breve apostolico.

Gaetano Errico, dopo l’approvazione, è unanimemente eletto Superiore Generale. Fino alla morte lavora per lo sviluppo della Congregazione, curando in modo particolare la formazione dei soggetti.

S’impegna nell’attività missionaria, nella predicazione al popolo e degli esercizi spirituali in numerosi conventi di suore, nella direzione spirituale e, specialmente, nell’amministrazione del sacramento della riconciliazione.

Muore a Secondigliano, all’età di 69 anni, il 29 ottobre 1860, alle 10 del mattino.

«Amatevi scambievolmente e siate osservantissimi delle Regole». È il testamento che lascia ai suoi congregati. «È morto un santo» è l’unanime commento di tutto il popolo. L’eco di questa espressione continua ancora. Per i secondiglianesi e per tutti i suoi devoti, Gaetano Errico, chiamato e conosciuto come «O Superiore», continua ad essere un «santo», cioè un esempio, un punto di riferimento, un intercessore, una freccia puntata che indica a tutti la strada di Dio, che i Sacri Cuori, per amore, hanno vissuto e tracciato.

Nel 1866 il Card. Riario Sforza introduce il processo ordinario diocesano. Nel dicembre 1884 il Papa Leone XIII lo dichiara Venerabile ed il 4 ottobre 1974 il Papa Paolo VI emette il decreto di eroicità delle virtù. Il 24 aprile 2001 Giovanni Paolo II firma il Decreto d’approvazione del miracolo ottenuto dal signor Salvatore Cacciappoli per intercessione di Gaetano Errico.

Il 14 aprile 2002 Giovanni Paolo II lo proclama Beato. Il 6 luglio 2007 Benedetto XVI firma il decreto di approvazione del miracolo per la canonizzazione e il 1° marzo 2008 nel corso del Concistoro decreta che il 12 ottobre 2008 il Beato Gaetano Errico sia iscritto nell’Albo dei Santi.


CAYETANO ERRICO


Fundador de los Misioneros de los Sagrados Corazones, ha nacido el 19 de octubre de 1791 en Secondigliano, antigua aldea al Norte de la ciudad de Nápoles (Italia). Es el tercero de los diez hijos de Pascual y María Marseglia. El padre dirige una modesta fábrica artesanal para la producción de pasta; la madre teje felpa. Fue bautizado al día siguiente de su nacimiento en la iglesia parroquial de los santos Cosme y Damián con los nombres de Cayetano Cosme Damián. Asiste a la escuela comunal con dos maestros sacerdotes, Tagliamonte y Vitagliano. A los siete años recibe la primera comunión, y a los once, el sacramento de la confirmación. A los catorce años pide ingresar primero entre los Capuchinos y después entre los Redentoristas; pero el pedido es rechazado debido a la edad.

A los dieciséis años pide ser admitido en el seminario arzobispal de Nápoles. En enero de 1808 viste el hábito talar. La familia no puede sostener los gastos para su mantenimiento como alumno interno por lo que realiza los estudios como externo, yendo a pie al seminario. Todos los días, entre ida y vuelta, son ocho kilómetros, con frío, calor y lluvia, provocando la admiración de la gente que, al verlo pasar exclama: «¡Ahí pasa San Cayetano!».

En el tiempo de su formación seminarística frecuenta la escuela con gran provecho, participa a la misa todas las mañanas, recibe la comunión, ayuda en la casa, visita todos los jueves a los pacientes del hospital de «Incurables» de Nápoles llevándoles algún regalo fruto de sus ahorros semanales, y el domingo recorre las calles con el crucifijo recogiendo a los niños para el catecismo.

Fue ordenado sacerdote el 23 de septiembre de 1815 por el Cardenal Ruffo Stilla en la Capillala de Santa Restituta, en la Catedral de Nápoles.

Ordenado sacerdote, inmediatamente se le asigna a Don Cayetano la tarea de maestro comunal, cargo que ejerce por casi veinte años con diligencia, atención y celo, preocupándose por enseñar, junto con la cultura, sobre todo los principios cristianos. Se dedica con amor al servicio pastoral en la iglesia parroquial de los Santos Cosme y Damián.

Desarrolla su actividad apostólica en cuatro direcciones: anuncio de la Palabra, ministerio de la reconciliación, asistencia material y espiritual de los enfermos, servicio de la caridad. Cuatro maneras distintas para decir a los hombres que Dios es Padre y los ama.

Tiene una vida de intensa oración y de rigurosa penitencia, de tal manera que hace decir a lamadre que lava las camisas manchadas de sangre: «Ahora me haces sentir el dolor que no tuve cuando te llevé en el vientre y te di a luz».

Siendo sacerdote, se retira todos los años a Pagani (Salerno), en la casa de los padres Redentoristas, para los ejercicios espirituales. En el año 1818, mientras reza en el coro, acontece un hecho destinado a marcar y cambiar el curso de su vida: se le aparece San Alfonso para comunicarle que Dios lo quiere fundador de una Congregación religiosa, dándole como «señal» la construcción de una Iglesia en honor de la Virgen Dolorosa en Secondigliano. El anuncio de que es Dios quien quiere la construcción de una Iglesia en honor de la Dolorosa, es acogido con entusiasmo en Secondigliano por la mayor parte del pueblo; pero está también quien se muestra desconfiado y hostil. Los adversarios, pocos pero muy aguerridos y combativos, juran que impedirán la construcción de la Iglesia. Cuando el proyecto parece definitivamente destinado a fracasar, don Cayetano continúa creyendo en él y asegura a la gente: «La Iglesia se hará, porque es Dios quien la quiere». El 9 de diciembre de 1830 la Iglesia es bendecida.

Terminada la construcción, Cayetano Errico encarga a Francisco Verzella, escultor napolitano, una estatua de madera de la Virgen Dolorosa. Una tradición refiere que ha hecho rehacer varias veces el rostro, exclamando al final: «Así era». ¿La había visto en una visión?

La estatua hace su entrada en Secondigliano en mayo de 1835, y desde entonces continúan ininterrumpidamente la peregrinación y la devoción de los fieles hacia la Dolorosa de Cayetano Errico.

En los años siguientes, mientras don Cayetano reza delante del Santísimo Sacramento en el mismo coro de Pagani, el Señor le manifiesta que la nueva Congregación «debe ser fundada en honor de los Sagrados Corazones de Jesús y de María».

Desde entonces los Sagrados Corazones se transforman en el centro de la acción apostólica y misionera de Cayetano Errico, y él, en el apóstol de su amor misericordioso en todo el Sur de Italia. El amor de los Sagrados Corazones lo impulsa a buscar al hermano pecador para llevarlo al Padre, incluso a costo de la vida, y a entregarse sin descanso ni medida, particularmente a los hermanos de los grupos más desprotegidos: enfermos, obreros, artesanos, campesinos, analfabetos, muchachas sin dote y extraviadas, encarcelados. Se propone hacer sentir a todos la presencia de un Padre amoroso, dispuesto al perdón y lento para el enojo.

Terminada la iglesia, don Cayetano comienza a construir, en un lugar adyacente, la casa que tendrá que alojar a los futuros religiosos, los Misioneros de los Sagrados Corazones. Primeramente construye una pequeña casa, en donde se retira, en 1833, para vivir junto a un laico que atiende el servicio de la iglesia.

Con el traslado desde la casa paterna, comienza «oficialmente» la realización del encargo más importante recibido de Dios: la fundación de la Congregación de los Misioneros de los Sagrados Corazones.

Ampliada la casa, funda el «Retiro sacerdotal de los Sagrados Corazones», para acoger a los sacerdotes dispuestos a empeñarse sobre todo en el trabajo de las misiones populares.

Don Cayetano es un hombre de Dios, es un «santo». ¿Qué ha hecho para llegar a serlo?

El primer secreto de su santidad es «consumir las rodillas en la oración y... también en el suelo». Que Don Cayetano es un hombre de oración lo testifican tantas personas que lo han conocido y los dos «pocitos» en el piso de su habitación, excavados por sus rodillas.

La penitencia es el segundo secreto de su «santidad». Los viernes y los sábados limita sus comidas a un solo plato de sopa. Todos los miércoles y en la vigilia de muchas fiestas ayuna a pan y agua. A menudo duerme en el suelo. Lleva «un cilicio que ciñe su cuerpo: pecho, brazos y piernas». «Usaba disciplinas de cuerdas y de hierro de diversos tipos».

En 1833 don Cayetano presenta al Rey el pedido de reconocimiento de un Retiro, que es aprobado junto con el reglamento el 14 de marzo de 1836. El 1° de octubre de 1836 abre el noviciado, admitiendo a nueve jóvenes. En mayo de 1838 solicita el reconocimiento pontificio de la Congregación, y el 30 de junio recibe de la Sagrada Congregación de Obispos yRegulares el decreto de elogio. El 6 abril de 1839, con el propósito de consolidar el desarrollo de la Congregación, pide el reconocimiento gubernamental, que el Rey concede el 13 de mayo, declarando «la Congregación de los Misioneros de los Sagrados Corazones legítimamente existente y capaz de gozar de los correspondientes efectos civiles y canónicos».

En abril de 1846 regresa a Roma para solicitar la aprobación definitiva. La Congregación ha crecido: el número de los congregados ha aumentado y han sido abiertas varias casas. El 7 de agosto de 1846 el Papa Pío IX emite el decreto de aprobación, y el 15 de septiembre el Breve apostólico.

Cayetano Errico, elegido unánimemente como Superior General después de la aprobación, trabaja hasta la muerte para el desarrollo de la Congregación, cuidando de modo particular la formación de los individuos.

Se empeña en la actividad misionera, en la predicación al pueblo y de los ejercicios espirituales en numerosos conventos de religiosas, en la dirección espiritual y, especialmente, en la administración del sacramento de la reconciliación.

Muere en Secondigliano, a los 69 años de edad, el 29 de octubre de 1860 a las diez de la mañana.

«Ámense mutuamente y sean observantísimos de las Reglas». Es el testamento que deja a sus congregados. «Hamuerto un santo», es el comentario unánime de todo el pueblo. El eco de estas expresiones continúa todavía. Para los secondiglianeses y para todos sus devotos, Cayetano Errico, llamado y conocido como «O Superiore» El Superior, continúa siendo un «santo», esto es un ejemplo, un punto de referencia, un intercesor, una señal que indica a todos el camino de Dios, que los Sagrados Corazones, por amor, han vivido y trazado.

En 1866 el Cardenal Riario Sforza introdujo el proceso diocesano ordinario. En diciembre de 1884 el Papa León XIII lo declaró Venerable, y el 4 de octubre de 1974 el Papa Pablo VI emitió el decreto de la heroicidad de sus virtudes. El 24 de abril de 2001 Juan Pablo II firmó el Decreto de aprobación del milagro obtenido por el señor Salvatore Cacciappoli por intercesión de Cayetano Errico.

El 14 de abril de 2002, Juan Pablo II lo proclama Beato. El 6 de julio de 2007, Benedicto XVI firma el decreto de aprobación de milagro para la canonización y en el Consistorio del 1° de marzo de 2008, decreta que el 12 de octubre de 2008, el Beato Gaetano Errico sea inscrito en el Catálogo de los Santos.


GAETANO ERRICO


Was born on October 19, 1791 in Secondigliano, a small village on the northern boundary of the City of Naples, Italy. He was the second of nine children born to Pasquale and Marie (Marseglia) Errico. His father managed a small pasta factory and his mother worked at the loom weaving plush.

As a child he was known in the small village as a good and obedient child, who helped his father in the pasta factory and eagerly shared his parent’s deep faith. By age 14 Gaetano felt called to the priesthood and religious life. Many congregations during this time did accept young men at an earlier age than is prevalent today. However, Gaetano’s first choices, the Capuchins and the Redemptorists rejected his application because of his age.

At the age of 16 he proceeded to apply for the Archdiocesan Seminary of Naples and was accepted. In January 1808, having received the habit of the Diocese, he began his studies. His family’s meagre income did not allow him to reside at the seminary. He therefore registered as a day student which required him to walk the eight kilometers to the seminary and back each day.

During his years of formation in the seminary, he did very well in his studies. He was deeply faithful to his spiritual life never missing daily Mass and reception of the Eucharist. While still living at home with his parents, he managed to help them as well. The villagers noted his diligence in filling his days with the studies for the priesthood, visiting the sick on Thursday and even on Sunday he walked through the town encouraging the children to attend their catechism classes.

On September 23, 1815, in the Chapel of St. Restituta within the confines of the Cathedral of Naples, Gaetano was ordained to the priesthood by Cardinal Ruffo Scilla. Soon after ordination he was appointed to a position as a teacher.

For the next twenty years, he taught his students with exemplary dedication. Entrusted to his care, his students received both the elements of a good education and spiritual formation. With great care and ambitious zeal, he imparted the tenets of Christian doctrine and moral values.

He also served with loving commitment in pastoral service at the Parish Church of Saint Cosmas and Damian. His ministry was characterized by four principle concerns: Proclamation of the Word; Ministry of Reconciliation: material and spiritual assistance to the sick and selfless charity. Each principle held for Gaetano the way to proclaim and make known to all men and women that in God they have a Father who loves them.

Every year, he travelled to Pagani (in Salerno), a Redemptorist house, for his annual retreat. In the year 1818 while praying, an extraordinary event occurred-an event that would change his life forever. St. Alphonsus Liguori appeared to him in a vision and told him that God wanted him to found a new religious congregation. Further, as a sign of this desire, he was to build a church in Secondigliano in honour of Our Lady of Sorrows. With this vision of Our Lady in his mind, Gaetano was assured that he would succeed.

At first, the people of Secondigliano welcomed with joy the news that God wanted a church in honour of the Sorrowful Mother of Jesus in their little village. However, human weakness being ever apparent, some were opposed. Although their numbers were few, their jealousy and distrust made the task more difficult for Gaetano. He never lost sight of the goal however and against all odds the Church was built as God wanted. The Church of Our Lady of Sorrows was blessed on December 9, 1830.

When the Church was nearly completed, Fr. Gaetano began the construction of a house to serve as the first home of the future congregation. A small house was built and Fr. Errico resided there with a lay brother who maintained the Church.

From such humble beginnings, he proceeded to reach out, welcoming priests to come for retreat, hoping to inspire within their hearts a desire to commit themselves to the missions and religious life.

Upon completion of the Church and house, Fr. Gaetano commissioned Francesco Verzella, a famous Neapolitan sculptor, to create an image of Our Lady of Sorrows. It has been said that the sculptor had to redo the statue several times. The vision of her facely sorrow was clear in Fr. Errico’s mind. Finally, the sculptor got it right and Fr. Errico exclaimed, “It is so!”

The statue arrived in Secondigliano in May of 1835 and from then on drew an unending number of pilgrims.

The following year, again while Fr. Errico was on retreat in Pagani, God revealed to him that the new congregation to be founded must be in honour of the Sacred Hearts of Jesus and Mary. Fr. Errico already possessed within himself a most abiding devotion to the Sacred Hearts. Now he became even more ardent in sharing this love through all his apostolic and missionary activity.

The love of the Sacred Hearts urged him to seek sinners and bring them back to God, to give of himself tirelessly and unendingly. With a burning drive within his heart, he especially searched out the most vulnerable, those in danger, the sick, the abandoned and shunned and the spiritually bereft. He wanted everyone to feel the touch of a loving father who was ever ready to forgive and slow to anger.

He gained approval for the new congregation and its statutes on March 14, 1836 and in October of that year opened a novitiate with eight novices.He sought papal approval in May 1838.On June 30, the Congregation of Bishops and Regulars issued the decree.

In order to strengthen his Congregation, he sought royal approval which was granted on May 13, 1840.

In April 1846, he once again went to Rome to ask for final approval. The Congregation by now had grown, the number of its members had increased and new houses had been opened in southern Italy. On August 7, 1846, Blessed Pius IX issued the Apostolic Brief of Approbation. Gaetano was unanimously elected Superior General.

Fr. Gaetano was truly aman of God, aman with amission, aman on fire with an unquenchable love of Jesus and Mary. The first secret of his holiness was prayer. Ever on his knees, his small room in the house in Secondigliano bears the indentations on the floor where, kneeling, he found refuge and strength.

Penance further sustained his holiness. He fasted continuously, often only taking bread and water in order to give his share of food to the poor. Self-flagellation was part of his penance, offered humbly for the many sins that wounded the Heart of Jesus. He was never too tired to travel on, preaching, hearing confessions, encouraging the reception of the Body and Blood of Christ. His comfort and caring presence reminded all of the love of God the Father... leading many in the small towns and villages to call him a saint.

Fr. Errico died on October 29, 1860 at 10:00 AMat the age of 69.

His last testament to his missionaries was... Love one another and be very observant of our Rules.

A saint is dead., “the townspeople of Secondigliano affirmed upon hearing the news of his death. It still echoes today. Gaetano Errico, affectionately known by all who knew him as O Superiore” (The Superior), continues to be an example, a reference point, an intercessor, showing the way to God as lived out in the example of the Sacred Hearts of Jesus and Mary.

In December 1876, Pope Leo XIII declared him Venerable and Pope Paul VI declared the heroism of his virtues with an apostolic decree on October 4, 1974.

Pope John Paul II on April 24, 2001, signed the Decree of Beatification after approving a miracle attributed to the sole intercession of Ven. Gaetano Errico.

On 14 April 2002 Pope John Paul II proclaimed him Blessed. On 6 July 2007 Pope Benedict XVÏ signed the decree approving the miracle for canonization, and on 1st March 2008, during a Consistory, decreed that on 12 October 2008 the Blessed Gaetano Errico he canonized.


MARÍA BERNARDA (Verena Bütler)




Nació en Auw, en el Cantón de Argovia, Suiza, el 28 de mayo de 1848 y fue bautizada el mismo día de su nacimiento. Era la cuarta hija de Enrico y de Caterina Bütler, modestos campesinos y cristianos ejemplares, que educaron los ocho hijos nacidos de su matrimonio en el amor a Dios y al prójimo.

Dotada de una excelente salud, Verena creció alegre, inteligente, generosa y amante de la naturaleza. A los siete años comenzó a frecuentar la escuela. El fervor y el empeño con el que, el 16 de abril de 1860, se acercó a la Primera Comunión permanecieron constantes en ella a lo largo de toda su vida. La devoción a la Eucaristía formará, efectivamente, el fundamento de su espiritualidad.

A la edad de 14 años, terminados los estudios elementales, Verena se dedicó al trabajo agrícola, experimentando también el afecto por un digno joven del cual se enamoró. Sintiendo la llamada de Dios supo desprenderse de este compromiso para entregarse completamente a su Señor. En este período de su vida se le concedió la gracia de gozar sensiblemente de la presencia de Dios, sintiéndolo muy cercano. Ella misma afirma: «Explicar este estado del alma a quien no ha experimentado jamás algo semejante, es extremadamente difícil, si no es que imposible». Y además: «El Espíritu Santo me enseñó a adorar, alabar, bendecir y dar gracias a Jesús en el tabernáculo, en todo momento, en medio de las labores y en la realidad cotidiana de la vida».

Atraída del amor de Dios, a los 18 años entró como postulante en un convento de la región. Comprobado que no era aquél el lugar donde el Señor la llamaba, Verena regresó pronto al seno familiar. El trabajo, la oración, el apostolado en la parroquia, mantuvieron vivo en ella el deseo de la vida consagrada. El 12 de noviembre de 1867, por sugerencia de su párroco, Verena entró en el Monasterio franciscano de María Auxiliadora en Altstätten. El 4 demayo de 1868 vistió el hábito franciscano, tomando el nombre de Sor María Bernarda del Sagrado Corazón de María, y, el 4 de octubre de 1869 emitió la Profesión religiosa, con el firme propósito de servir al Señor hasta la muerte, en la vida contemplativa.

Pronto fue electa Maestra de novicias y por tres veces Superiora de la Comunidad, desempeñando este servicio fraterno por nueve años consecutivos. Su celo y su amor por el Reino de Dios la habían preparado para iniciar una nueva experiencia misionera. Por tanto, acogió de buen grado la invitación de Mons. Pietro Schumacher, obispo de Puertoviejo, en Ecuador, quien le pidió venir a su diócesis, planteándole la precaria situación de su gente. María Bernarda reconoció en esa invitación la clara voluntad de Dios que la llamaba a ser anunciadora del Evangelio en aquella tierra lejana.

Superadas las iniciales resistencias del obispo de San Gallo y después de haber obtenido un regular indulto pontificio, el 19 de junio de 1888 Sor María Bernarda y seis Compañeras dejaron el monasterio de Altstätten y partieron para el Ecuador. Solamente la luz de la fe y el celo por el anuncio del Evangelio sostuvieron a la Beata y a sus Compañeras en la difícil separación del amado monasterio y de las Hermanas. En su interior María Bernarda pensaba en el tener que dar vida a una fundación misionera dependiente del monasterio suizo. A su vez, el Señor la hacía fundadora de una nueva Congregación religiosa, la de las Hermanas Franciscanas Misioneras de María Auxiliadora.

Recibidas paternalmente por el Obispo, éste encomendó a María Bernarda la Comunidad de Chone que presentaba un espectáculo desolador, por la falta casi absoluta de sacerdotes, la escasa práctica religiosa y por la difundida inmoralidad. María Bernarda se hizo «toda para todos», poniendo como fundamento de su acción misionera la oración, la pobreza, la fidelidad a la Iglesia y el ejercicio constante de las obras de misericordia. Junto con sus hijas, comenzó un intenso apostolado entre las familias, profundizando en el conocimiento de la lengua y de la cultura del pueblo. No tardaron en madurar los primeros frutos. La vida cristiana de aquella población volvió a florecer como por encanto. También la nueva Congregación franciscana creció en número y se fundaron las dos Casa filiales de Santa Ana y de Canoa. Pero, también, pronto la obra misionera de la Madre Bernarda fue marcada por el misterio de la Cruz. Fueron muchos los sufrimientos a los que ella y sus hijas se vieron sometidas: la pobreza absoluta, el clima tórrido, incertidumbres y dificultades de todo tipo, riesgos para la salud y la misma seguridad de vida, incomprensiones de parte de la autoridad eclesiástica y, la separación de algunas Hermanas de la Comunidad, constituidas después en una Congregación autónoma (las Franciscanas de la Inmaculada: Beata Caridad Brader). María Bernarda soportó todo con heroica entereza, en silencio, sin defenderse y sin alimentar resentimientos en la confrontación con alguno, perdonando de corazón y orando por aquellos que la hacían sufrir.

Como si no fueran suficientes todas estas pruebas, en 1895, una violenta persecución por parte de fuerzas hostiles a la Iglesia obligó a Sor María Bernarda y sus Hermanas a escapar del Ecuador. Sin saber a dónde ir, con 14 Hermanas se dirigió a Bahía, de donde prosiguió para Colombia. El grupo estaba aún buscando, cuando recibió la invitación de Mons. Eugenio Biffi para trabajar en su diócesis de Cartagena. Y, así, el 2 de agosto de 1895, fiesta de la Porciúncula de Asís, la Fundadora y sus Hermanas exiliadas del Ecuador, arribaron a Cartagena, recibidas paternalmente por el Obispo. Encontraron alojamiento en un ala del hospital femenino, llamado comúnmente «Obra Pía». El Señor las había conducido a aquel asilo, donde la Madre Bernarda permanecerá hasta el término de su vida. Después de la casa de Cartagena, se llevaron a cabo otras fundaciones no sólo en Colombia sino en Austria y en Brasil.

Con un amor compasivo, de auténtica franciscana, estaba encargada de socorrer las necesidades espirituales de los pobres que ella consideró siempre sus predilectos. Decía a las Hermanas: «Abran sus casas para ayudar a los pobres y a los marginados. Prefieran el cuidado de los indigentes a cualquier otra actividad». La Madre guió su Congregación por espacio de treinta años. También después de haber renunciado al oficio de Superiora General, continuó animando, con sentimientos de verdadera humildad, a sus queridas Hermanas, sobre todo con el ejemplo de su vida, sus palabras y sus escritos.

Presa de punzantes dolores hipogástricos, el 19 de mayo de 1924, en la «Obra Pía» de Cartagena, llorada por sus Hijas, amada y venerada de todos como auténtica santa, María Bernarda se durmió serenamente en el Señor. Contaba con 76 años de edad, 56 de vida consagrada y 38 de misionera. La noticia de su muerte se difundió rápidamente. El párroco de la catedral de Cartagena anunció el tránsito diciendo a sus fieles: « ¡Esta mañana, en esta ciudad, ha muerto una Santa: la reverenda Madre Bernarda!» Su tumba fue pronto meta de peregrinaciones y lugar de oración.

El celo apostólico y el ardor de la caridad de la Madre María Bernarda reviven hoy en la Iglesia, particularmente a través de la Congregación fundada por ella y actualmente presente en varios países de tres Continentes. La Beata puede ser señalada como auténtico modelo de « inculturación» de la que la Iglesia ha subrayado la urgencia para un eficaz anuncio del Evangelio (cfr. Redemptoris missio, n. 52). Ella encarnó perfectamente en su vida el lema programático: «Mi guía, mi estrella, es el Evangelio».

Durante su vida, encontró apoyo y consuelo solamente en Dios. Cuando abandonó su patria, a donde no habría de regresar jamás, y cuando dejó su querido monasterio de Altstätten y durante su incansable actividad apostólica, ella siempre estuvo sostenida por una sólida espiritualidad, de la oración incesante, la caridad heroica hacia Dios y hacia el prójimo, de una fe fuerte como la roca, una confianza ilimitada en la Providencia de Dios, una fuerza y humildad evangélica y de una fidelidad radical a los compromisos de su vida consagrada. De la contemplación del misterio de la Santísima Trinidad, de la Eucaristía y de la Pasión del Señor, obtuvo el don de aquella misericordia que practicó con todos y que dejó como particular carisma a su Congregación. Devotísima de la Virgen Madre del Señor, quiso que su Congregación tuviese a la Auxiliadora como Madre, Protectora y Modelo de vida en el seguimiento de Cristo y en su actividad misionera. Como franciscana, cultivó la misma veneración que San Francisco de Asís alimentó por la «Santa Madre Iglesia» por sus pastores y sacerdotes, que ella llamaba « los ungidos del Señor».

La Beata permanece como un admirable ejemplo de mujer bíblica: fuerte, prudente, mística, maestra espiritual, insignia misionera. Ella ha dejado a la Iglesia un testimonio maravilloso de entrega a la causa del Evangelio, enseñando a todos, sobre todo hoy, que es posible unir la contemplación a la acción, vida con Dios y servicio a los hermanos, llevando a Dios a los hombres y a los hombres a Dios.

El 29 de octubre de 1995, el Siervo de Dios Papa Juan Pablo II le confirió el título y los honores de los Beatos. El 12 de octubre de 2008, el Santo Padre Benedicto XVI la inscribe en el Catálogo de los Santos.


MARIABERNARDA (Verena Bütler)


Wurde in Auw. Kanton Aargau, Schweiz, am 28.Mai 1848 geboren und am gleichen Tag getauft. Sie war das vierte Kind von Heinrich und Katharina Bütler, einfachen Bauern, die ihre acht Kinder fromm erzogen.

Verena besaß eine gute Gesundheit, frohes, menschenfreundliches Gemüt und wache Intelligenz. Die Liebe und Ehrfurcht, mit der sie am 16. April 1860 zum ersten Mal die hl. Kommunion empfing, bewahrte sie bis zum Ende ihres Lebens. Die eucharistische Verehrung war ein Grundpfeiler ihrer Spiritualität.

Schon als junges Mädchen hegte sie den Wunsch, sich ganz Gott zu weihen. Sie trat zunächst in ein Kloster ihrer Heimat ein, kam aber bald zu der Einsicht, dass dort nicht der Ort ihrer Berufung war. So kehrte sie ins Elternhaus zurück. Auf Anraten ihres Pfarrers trat sie am 12. November 1867 mit 19 Jahren in das Kloster Maria Hilf in Altstätten/Schweiz, ein, wo sie am 4. Mai 1868 den Habit der Kapuzinerinnen und den Ordensnamen Maria Bernarda vom Heiligsten Herzen Mariens erhielt und am 4. Oktober 1869 die Gelübde ablegte mit der festen Absicht, Gott bis zum Tod in einem beschaulichen Leben zu dienen.

In Altstätten wurde sie bald zur Novizenmeisterin, und später zur Oberin gewählt. Ihr missionarischer Geist und Eifer für das Reich Gottes drängten sie ein Filialkloster zu gründen. Als Mons. Schuhmacher, Bischof von Puertoviejo in Ecuador, die schwierige Situation seines Volkes schilderte und eine Missionsniederlassung in seiner Diözese anbot, betrachtete Maria Bernarda dieses Angebot als deutlichen Ruf Gottes.

Nach Überwindung des anfänglichen Widerstands durch den Bischof von St. Gallen und nach Erhalt des päpstlichen Indults verließ Maria Bernarda Altstätten, um am 19. Juni 1888 mich sechs weiteren Schwestern nach Ecuador aufzubrechen. Im Licht des Glaubens und im missionarischen Eifer fanden sie die Kraft, den Abschiedsschmerz zur endgültigen Trennung von der Heimat zu ertragen.

Maria Bernarda die nur eine Missionsfiliale des Schweizer Klosters gründen wollte, sah sich plötzlich als Gründerin des neuen Institutes, der Kongregation der Franziskaner Missionsschwestern von Maria Hilf.

In Ecuador angekommen, wies ihnen der Bischof als Arbeitsfeld Chone zu, einen Ort mit etwa 13.000 Einwohner, der als schwierig und vernachlässig galt.

Maria Bernarda die als Grundlage ihrer Missionstätigkeit das Gebet, die Armut, die Treue zur Kirche und die Werke der Barmherzigkeit machte, wurde hier »allen alles«. Sie lernte nebenbei Sprache und Gebräuche des Volkes und widmete sich von Anfang an der Jugenderziehung, dem Familienapostolat, allen sozialen Diensten, und sorgte auch für Verbesserung der liturgischen Feiern und der Katechese.

Das Samenkorn, das diese große Frau ausstreute, keimte und wuchs. Das christliche Leben des Volkes blühte auf, die neue Franziskanische Kongregation wuchs an Zahl und es entstanden weitere Filialen in Ecuador.

Trotz dieser Erfolge blieb ihr Werk vom Kreuz gezeichnet. Armut, feucht-heißes Klima, gesundheitliche Probleme, Missverständnisse von Seiten der kirchlichen Obern und die Trennung einiger Schwestern von der Kongregation, als außerhalb von Ecuador eine Neugründung vorgenommen wurde, brachten viel Leid. Maria Bernarda ertrug das alles mit heroischer Tugend und in bedingungslosem Gehorsam. In der Stille ihres Herzens vergab sie allen und betete besonders für jene, die ihr Leid zufügten.

Als im Jahre 1895 eine gewaltsame Verfolgung ausbrach, musste sie mit ihren Schwestern den kirchenfeindlichen Kräften weichen und Ecuador verlassen.

Maria Bernarda kam mit 15 Schwestern nach Bahia und brach von dort nach Kolumbien auf. Noch auf dem Schiff erreichte sie die Einladung des Bischofs von Cartagena Mons. Eugenio Biffi, in seiner Diözese in Kolumbien zu arbeiten.

Am2. August 1895 trafen Maria Bernarda und ihre Schwestern in Cartagena ein, wo der Bischof sie mit väterlicher Liebe aufnahm und ihnen einen Flügel des Frauenspitals zur Verfügung stellte, das den schönen Namen »Obra Pia« trug, aber eine armseliges Gebäude war. Dieses Haus wurde zur Heimstätte ihres restlichen Lebens.

In franziskanischem Geist wirkte Maria Bernarda und ihre Kongregation unter den Armen,umihre spirituellen und materiellen Nöte zu lindern. Als die Zahl der Schwestern wuchs, gründete sie auch in Österreich und Brasilien Niederlassungen, besuchte immer persönliche ihre Mitschwestern in den Missionsstationen, teilte mit ihnen in beispielhafter evangelischer Einfachheit Arbeit und Leben. Wohin sie auch kam, waren Arme und Kranke ihre bevorzugten Lieblinge. Den Schwestern pflegte sie zu sagen »Öffnet eure Häuser umden Armen und Ausgestoßenen zu helfen. DieHilfe für die Armen soll jeder anderen Tätigkeit vorgezogen werden«.

In staunenswerter Opferbereitschaft, betete, ermahnte, schieb und missionierte sie, und leitete 32 Jahre ihre Kongregation. Als sie am 19. Mai 1924 starb, war sie 76 Jahre alt und im 56. Jahre Ordensfrau, 36 Jahre wirkte sie in der Mission in Lateinamerika. In Windeseile verbreitete sich die Nachricht von ihrem Tod. In der Kathedrale von Cartagena sagte der Pfarrer: »Heute früh ist in unserer Stadt eine Heilige gestorben, die ehrwürdige Mutter Bernarda «. Ihr Grab wurde schnell zu einem Wallfahrtsort und einer Stätte des Gebetes.

Die Liebe und der Missionsgeist von Muter Maria Bernarda leben fort ind er Kongregation, die sich über 11 Länder. In drei Kontinenten verbreitet hat.

Maria Bernarda verwirklichte in ihrem Sein und Handeln, was man heute als »Inkulturation« des Evangeliums bezeichnet, die Voraussetzung einer wirkungsvollen Evangelisierung ist. (vgl. Redemtoris Missio, Nr. 52). Maria Bernarda verkörperte in ihrem Leben vollkommen ihr programmatisches

Leitwort: »Das Evangelium ist mein Leitstern«.

Während ihres Lebens suchte und fand Maria Bernarda Hilfe und Trotz allein in Gott. Seitdem sie die Heimat und ihr geliebtes Kloster Altstätten verlassen hatte, wohin sie nie mehr zurückkehrte, und bei aller ihrer unermüdlichen apostolischen Arbeit ließ sie sich immer von einer soliden Spiritualität leiten und tragen, vom unablässigen Gebet, der heroischen Liebe zu Gott und den Menschen. Ihr Glaube war felsenfest, ihr Vertrauen auf die göttliche Vorsehung unbegrenzt. Sie lebte in Starkmut, evangelischer Demut und radikaler Treue die Gelübde des gottgeweihten Lebens. Aus der Betrachtung des Mysteriums der Dreifaltigkeit und des Leidens des Herrn schöpfte sie die Gnade der Barmherzigkeit, die sie allen erwies und ihrer Kongregation als besonderes Charisma vererbte.

Als eine große Verehrerin der jungfräulichen Mutter des Herrn wollte sie, dass ihre Kongregation Maria, die Hilfe der Christen, als Patronin und Modell für die Nachfolge Christi und die Missionsarbeit habe. Als Franziskanerin pflegte sie dieselbe Verehrung wie Franziskus zur Mutter Kirche, ihren Hirten und Priestern, die sie »die Gesalbten des Herrn« nannte.

Mutter Bernarda bleibt ein leuchtendes Beispiel einer biblischen Frau: stark, klug, mystisch, spirituelle Meisterin und hervorragende Missionarin.

Sie hinterlässt der Kirche ein wunderbares Zeugnis der Hingabe an das Evangelium und lehrte uns, wie man auch heute Gebet und Arbeit, Beschauung und Tätigkeit, Leben in Gott und im Dienst für den Nächsten miteinander verbinden kann, indem sie Gott den Menschen und den Menschen Gott näher bringt.


MARIABERNARDA (Verena Bütler)


Nacque ad Auw, nel Cantone di Argovia, in Svizzera, il 28 maggio 1848 e fu battezzata nel giorno stesso della nascita. Era la quartogenita di Enrico e di Caterina Bütler, modesti contadini ma cristiani esemplari, che educarono gli otto figli nati dal loro matrimonio all’amore di Dio e del prossimo.

Dotata di una eccellente salute, Verena crebbe allegra, intelligente, generosa, amante della natura. A sette anni cominciò a frequentare la scuola. Il fervore e l’impegno con cui, il 16 aprile 1860, si accostò alla Prima Comunione rimasero costanti in lei per tutto il corso della vita. La devozione all’Eucaristia formerà, infatti, il fondamento della sua spiritualità.

All’età di 14 anni, compiuti gli studi elementari, Verena si dedicò al lavoro agricolo, sperimentando pure l’affetto per un degno giovane del quale s’innamorò. Sentendo la chiamata di Dio seppe sganciarsi da questo impegno, per rivolgersi completamente al suo Signore. In questo periodo della sua vita le fu concessa la grazia di godere sensibilmente della presenza di Dio, sentendolo molto vicino. Lei stessa afferma: «Spiegare questo stato dell’anima a chi non ha mai sperimentato qualcosa di simile, è estremamente difficile, se non impossibile». E ancora: «Lo Spirito Santo mi insegnò ad adorare, lodare, benedire e rendere grazie a Gesù nel tabernacolo, in ogni momento, in mezzo ai lavori e perfino nella realtà quotidiana della vita».

Attratta dall’amore di Dio, a 18 anni entrò come postulante in un convento della sua regione. Constatato però che non era quello il posto dove il Signore la chiamava, Verena tornò ben presto in famiglia. Il lavoro, la preghiera, l’apostolato in parrocchia, tennero vivo in lei il desiderio della vita consacrata. Il 12 novembre 1867, su suggerimento del suo Parroco, Verena entrò nel Monastero francescano di Maria Ausiliatrice di Altstätten. Il 4 maggio 1868 vestì l’abito francescano, assumendo il nome di Suor Maria Bernarda del Sacro Cuore di Maria, e il 4 ottobre 1869 emise la Professione religiosa, con il fermo proposito di servire il Signore fino alla morte, nella vita contemplativa.

Fu eletta molto presto Maestra delle novizie e per tre volte Superiora della Comunità, svolgendo questo servizio fraterno per nove anni consecutivi. Il suo zelo e il suo amore per il Regno di Dio l’avevano preparata ad avviare una nuova esperienza missionaria. Accolse pertanto volentieri l’invito di Mons. Pietro Schumacher, Vescovo di Portoviejo in Ecuador, che le chiese di recarsi nella sua diocesi, prospettandole la precaria situazione della sua gente. Maria Bernarda riconobbe in questo invito la chiara volontà di Dio che la chiamava ad essere annunciatrice del Vangelo in quella terra lontana.

Superate le iniziali resistenze del Vescovo di San Gallo e dopo aver ottenuto un regolare Indulto pontificio, il 19 giugno 1888 Suor Maria Bernarda e sei Compagne lasciarono il Monastero di Altstätten e partirono per l’Ecuador. Soltanto la luce della fede e lo zelo per l’annunzio del Vangelo sostennero la Beata e le sue compagne nella difficile separazione dall’amato Monastero e dalle consorelle. Nelle sue intenzioni Maria Bernarda pensava di dover dar vita ad una fondazione missionaria dipendente dal Monastero svizzero. Il Signore la rendeva invece fondatrice di una nuova Congregazione religiosa, quella delle Suore Francescane Missionarie di Maria Ausiliatrice.

Accolte paternamente dal Vescovo, questi affidò a Maria Bernarda la comunità di Chone che presentava uno spettacolo desolante, per la mancanza quasi assoluta di sacerdoti, per la scarsa pratica religiosa e per l’immoralità dilagante. Maria Bernarda si fece « tutta a tutti », ponendo alla base della sua azione missionaria la preghiera, la povertà, la fedeltà alla Chiesa e l’esercizio costante delle opere di misericordia. Insieme alle sue figlie, dette avvio ad un intenso apostolato presso le famiglie, approfondendo la conoscenza della lingua e della cultura del popolo. Non tardarono a maturare i primi frutti. La vita cristiana di quelle popolazioni rifiorì come d’incanto. Anche la nuova Congregazione francescana crebbe di numero e furono fondate le due Case filiali di Santa Ana e di Canoa. Ben presto però l’opera missionaria di Madre Maria Bernarda fu segnata dal mistero della Croce. Furono infatti molte le sofferenze a cui ella e le sue figlie furono sottoposte: la povertà assoluta, il clima torrido, incertezze e difficoltà di ogni genere, rischi per la salute e per la stessa sicurezza di vita, incomprensioni da parte dell’Autorità ecclesiastica e, per giunta, la separazione di alcune Sorelle dalla comunità, costituitesi poi in Congregazione autonoma (le Francescane dell’Immacolata della Beata Carità Brader). Maria Bernarda sopportò tutto con eroica fortezza, in silenzio, senza difendersi e senza nutrire risentimento nei confronti di alcuno, ma perdonando di cuore e pregando per coloro che la facevano soffrire.

Come se non bastassero tutte queste prove, nel 1895 una violenta persecuzione, messa in atto da forze ostili alla Chiesa, obbligò Suor Maria Bernarda e le sue Suore a fuggire dall’Ecuador. Senza sapere dove andare, con 14 Suore si diresse aBahia, da dove proseguì per la Colombia. Il drappello era ancora in navigazione, allorché ricevette un invito da Mons. Eugenio Biffi a lavorare nella sua diocesi di Cartagena. E così il 2 agosto 1895, festa della Porziuncola d’Assisi, la Fondatrice e le sue Suore esuli dall’Ecuador, giunsero a Cartagena, accolte paternamente dal Vescovo. Trovarono ospitalità in un’ala dell’ospedale femminile, chiamato comunemente «Opera Pia». Il Signore le aveva condotte per mano verso quell’asilo, dove Madre Maria Bernarda resterà sino al termine della sua vita. Dopo la casa di Cartagena, furono avviate altre fondazioni non solo in Colombia ma anche in Austria e in Brasile.

Con amore compassionevole, da autentica francescana, era impegnata soprattutto nel soccorrere le necessità spirituali e materiali dei poveri che ella considerò sempre i suoi prediletti. Diceva alle Suore: «Aprite le vostre case per aiutare ipoveri e gli emarginati. Preferite la cura degli indigenti a qualsiasi altra attività ». La Madre guidò la sua Congregazione per lo spazio di trenta anni. Anche dopo aver rinunziato all’ufficio di Superiora Generale, continuò ad animare, con sentimenti di vera umiltà, le sue care Sorelle, so35 prattutto con l’esempio della sua vita, con le sue parole e con i suoi scritti.

Colta da lancinanti dolori ipogastrici, il 19 maggio 1924, presso l’«Opera Pia » di Cartagena, pianta dalle sue Figlie, amata e venerata da tutti come autentica santa, Maria Bernarda si addormentò serenamente nel Signore. Contava 76 anni di età, 56 di vita consacrata e 38 di vita missionaria. La notizia della sua morte si diffuse rapidamente. Il parroco della cattedrale di Cartagena ne annunziò il transito dicendo ai suoi fedeli: «Stamane, in questa città, è morta una Santa: la reverenda Madre Bernarda!». La sua tomba fu subito meta di pellegrinaggi e luogo di preghiera.

Lo zelo apostolico e l’ardore della carità di Madre Maria Bernarda rivivono oggi nella Chiesa particolarmente attraverso la Congregazione da lei fondata, presente attualmente in vari Paesi di tre Continenti. La Beata può essere additata come autentico modello della « inculturazione» di cui la Chiesa ha sottolineato l’urgenza per un efficace annunzio del Vangelo (cf. Redemptoris missio, n. 52). Essa incarnò perfettamente nella sua vita il motto programmatico: «La mia guida, la mia stella, è il Vangelo».

Durante la sua vita, trovò sostegno e conforto solo in Dio. Allorché abbandonò la sua patria, dove non sarebbe mai più tornata, e quando lasciò il suo caro Monastero di Altstätten e durante la sua instancabile attività apostolica, ella fu sempre sostenuta da una solida spiritualità, dalla preghiera incessante, dalla carità eroica verso Dio e verso il prossimo, da una fede salda come la roccia, da una confidenza illimitata nella Provvidenza di Dio, da una forza ed umiltà evangelica, da una fedeltà radicale agli impegni della sua vita consacrata. Dalla contemplazione dei misteri della Santissima Trinità, dell’Eucaristia e della Passione del Signore, attinse inoltre il dono di quella misericordia che ella praticò verso tutti e che lasciò come particolare carisma alla sua Congregazione. Devotissima della Vergine Madre del Signore, volle che la sua Congregazione avesse l’Ausi-liatrice comemadre, protettrice emodello di vita nella sequela di Cristo e nella sua attività missionaria. Come Francescana, coltivò la stessa venerazione che San Francesco d’Assisi nutrì per la «Santa Madre Chiesa», per i suoi pastori e per i sacerdoti, che ella chiamava « gli unti del Signore».

La Beata resta un mirabile esempio di donna biblica: forte, prudente, mistica, maestra spirituale, insigne missionaria. Ella ha lasciato alla Chiesa una testimonianza meravigliosa di dedizione alla causa del Vangelo, insegnando a tutti, soprattutto oggi, che è possibile unire contemplazione e azione, vita con Dio e servizio dei fratelli, portando Dio agli uomini e gli uomini a Dio.

Il 29 ottobre 1995 il Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II le conferì il titolo e gli onori dei Beati. Il 12 ottobre 2008 il Santo Padre Benedetto XVI la iscrive nell’albo dei Santi.


MARY BERNARD (Verena Bütler)


Was born in Auw, in the Canton of Argovia, in Switzerland, on the 28th of May 1848 and was baptised on the same day. She was the fourth child of Henry and Catherine Bütler, modest but exemplary country people, who educated the eight children born of their marriage in the love of God and of neighbour.

Gifted with excellent health, Verena grew up happy, intelligent, generous and a lover of nature. She began to attend school at seven years of age. The fervour and commitment with which she made her First Communion, on the 16th of April 1860, remained constant in her for the rest of her life.

Devotion to the Eucharist would, in fact, form the foundation of her spirituality.

Having completed her elementary studies at the age of 14, Verena dedicated herself to farm work and experienced affection for a worthy young man with whom she fell in love. On feeling the call of God, she broke off the engagement in order to turn completely to the Lord. During this period in her life she was granted the grace of enjoying the presence of God, feeling Him very close. She herself said: “To explain this state of soul to someone who has never experienced anything similar is extremely difficult, if not impossible”. And again: “The Holy Spirit taught me to adore, praise, bless and give thanks to Jesus in the tabernacle at all times, even at work and in real life.

Drawn by the love of God, she entered a convent in her region as a postulant at 18 years of age. However, becoming aware that it was not the place to which the Lord was calling her, Verena very quickly returned home.

Work, prayer and apostolic activity in the parish kept her desire for the consecrated life alive. At the suggestion of her Pastor, Verena entered the franciscan Monastery of Mary Help of Sinners in Altstätten on the 12th of November 1867. She took the franciscan habit on the 4th of May 1868, taking the name of Sister Mary Bernard of the Heart of Mary, and made her Religious Profession on the 4th of October 1869 with the firm proposal of serving the Lord until death in the contemplative life.

She was very soon elected Mistress of Novices and Superior of the Community on three occasions, carrying out this fraternal service for nine consecutive years. Her zeal and love for the Kingdom of God had prepared her to begin a new missionary experience. Having willingly accepted the invitation of Msgr. Peter Schumacher, Bishop of Portoviejo in Ecuador, who, outlining the precarious situation of his people, asked her to come to his Diocese. Mary Bernard clearly saw the will of God, who was calling her to be an announcer of the Gospel in that far away country, in this invitation.

Having overcome the initial resistance of the Bishop of St. Gall and obtained a regular pontifical indult, Sr. Mary Bernard and six companions left the Monastery in Altstätten and set out for Ecuador on the 19th of June 1888. Only their light of faith and zeal to announce the Gospel sustained the Blessed and her companions in the difficult separation from their beloved Monastery and Sisters. In her intentions, Mary Bernard thought of giving birth to amissionary foundation dependent on the Swiss Monastery.

The Lord, however, made her instead the foundress of a new Religious Congregation, that of the Franciscan Missionary Sisters of Mary Help of Sinners.

They were received paternally by the Bishop, who entrusted to Mary Bernard the community of Chone, which presented a distressing spectacle because of the total lack of priests, scant religious practice and rampant immorality. Mary Bernard became “everything to everyone”, placing prayer, poverty, fidelity to the Church and the constant exercise of the works of mercy at the base of her missionary work. She, together with her daughters, began an intense apostolate among families, deepening their knowledge of the language and of the culture of the people. The first fruits did not delay in maturing. The Christian life of the people blossomed again as if by magic.

The new Franciscan Congregation also grew in number and two filial houses were founded in Sant Ana and Canoa. Very soon after however, the missionary work of Mother Mary Bernard wasmarked by the mystery of the Cross. Many indeed were the sufferings to which she and her daughters were submitted: absolute poverty, torrid heat, uncertainty and difficulties of every kind, risks to their health and security of their lives, misunderstanding on the part of ecclesiastical authorities and, besides, the separation of some Sisters from the community, establishing themselves later as an autonomous congregation (the Franciscans of the Immaculate: Blessed Charity Brader). Mary Bernard underwent all this with heroic fortitude and in silence without defending herself or nourishing resentment towards anyone, but forgiving them from her heart and praying for those who made her suffer.

As if all these trials were not enough, a violent persecution in 1895, begun by forces hostile to the Church, obliged Sr. Mary Bernard and her Sisters to flee from Ecuador. Without knowing where to go, she went, with 14 Sisters, towards Bahia, from where she continued towards Colombia.

The group was still wandering when it received an invitation from Msgr. Eugene Biffi to work in his Diocese of Cartagena. So, on the 2nd of August 1895, the feast of the Porziuncola of Assisi, the Foundress and her Sisters, exiled from Ecuador, reached Cartagena, and were received paternally by the Bishop. They found hospitality in a female hospital, commonly called a “Pious Work”. The Lord had led her by the hand towards that asylum, where Mother Mary Bernard would remain to the end of her life. After the house in Cartagena, the Foundation was extended not only in Columbia but also in Austria and Brasil.

With a compassionate heart, authentically franciscan, she engaged above all in relieving the spiritual and material needs of the poor, whom she always considered to be her favourites. She used to say to the Sisters: “Open your houses to help the poor and marginalised. Give preference to the care of the indigent over all other activity”. The Mother guided her Congregation over thirty years. Even after resigning from the Office of Superior General, she continued to animate her dear Sisters with feelings of true humility, especially through the example of her life and her words and writings.

Struck by piercing hypo-gastric pains, while at the “Pious Work” in Cartagena, an establishment of her Daughters, and loved and venerated by all as an authentic saint, Mary Bernard quietly went to sleep in the Lord on the 19th of May 1924. She was 74 years of age, 56 in the consecrated life and 38 in missionary life. News of her death spread quickly. The Pastor of the Cathedral of Cartagena announced her passing away, saying to the faithful: “A saint has died in this city, this morning: the reverend Mother Bernard!”. Her tomb immediately became a centre of pilgrimage and a place of prayer.

The apostolic zeal and ardour of charity of Mother Mary Bernard are being re-lived today in the Church, particularly through the Congregation founded by her, present at the moment in various countries on three continents. The Blessed can be pointed out as an authentic model of “inculturation”, the urgency of which the Church has underlined for an efficient announcement of the Gospel (cf. Redemptoris Missio, n. 52). She incarnated perfectly her orienting motto: “My guide, my star, is the Gospel”.

During her life, she found support and comfort in God alone. From the time she abandoned her homeland, to which she never went back, when she left her dear Monastery in Altstätten and during her untiring apostolic activity, she was always sustained by a solid spirituality of unceasing prayer, heroic charity towards God and her neighbour, by a faith that was solid as rock, by an unlimited trust in the Providence of God, by evangelical strength and humility, and by a radical fidelity to the commitments of her consecrated life. From her contemplation of the mysteries of the Most Holy Trinity, the Eucharist and the Passion of the Lord, she also drew the gift of mercy towards all, which she practised and left as the particular charism of her Congregation. Very devoted to the Virgin Mother of the Lord, she wished her Congregation to have Our Lady Help of Sinners as mother, protector and life model in her discipleship of Christ and in her missionary activity. As a Franciscan, she cultivated the same veneration which St. Francis of Assisi nourished for “Holy Mother Church”, Pastors and priests, whom she called “the anointed of the Lord”.

The Blessed left an admirable example of the biblical woman: strong, prudent, mystical, spiritual teacher and notable missionary. She left the Church a wonderful testimony of dedication to the cause of the Gospel, teaching all, especially today, that it is possible to unite contemplation and action, life with God and service to humanity, bringing God to men and women, and men and women to God.

The Servant of God Pope John Paul II conferred the title and honour of Blessed her on the 29th of October 1995. The Holy Father, Benedict XVI, inscribed her in the register of Saints on the 12th of October 2008.


ALPHONSA OF THE IMMACULATE CONCEPTION




Blessed ALPHONSA OF THE IMMACULATE CONCEPTION was born in Kudamalur, the Arpookara region, in the diocese of Changanacherry, India, on the 19th of August 1910, of the ancient and noble family of Muttathupadathu.

From her birth, the life of the Blessed was marked by the cross, which would be progressively revealed to her as the royal way to conform herself to Christ. Her mother, Maria Puthukari, gave birth to her prematurely, in her eight month of pregnancy, as a result of a fright she received when, during the sleep, a snake wrapped itself around her waist. Eight days later, the 28 of August, the child was baptised according to the Syro-Malabar rite by the Fr. Joseph Chackalayil, and she received the name Annakutty, a diminutive of Anne. She was the last of five children.

Her mother died three months later. Annakutty passed her early infancy in the home of her grandparents in Elumparambil. There she lived a particularly happy time because of her human and Christian formation, during which the first seeds of a vocation flowered. Her grand-mother, a pious and charitable woman, communicated the joy of the faith, love for prayer and a surge of charity towards the poor to her. At five years of age the child already knew how to lead, with a totally childish enthusiasm, the evening prayer of the family gathered, in accordance with the Syro-Malabar custom, in the “prayer room”.

Annakutty received the Eucharistic bread for the first time on the 11 of November 1917. She used to say to her friends: “Do you know why I am so particularly happy today? It is because I have Jesus in my heart!”. In a letter to her spiritual father, on the 30 of November 1943, she confided the following: “Already from the age of seven I was no longer mine. I was totally dedicated to my divine Spouse. Your reverence knows it well”.

In the same year of 1917 she began to attend the elementary school of Thonnankuzhy, where she also established a sincere friendship with the Hindu children. When the first school cycle ended in 1920, the time had come to transfer to Muttuchira, to the house of her aunt Anna Murickal, to whom her mother, before she died, had entrusted her as her adoptive mother.

Her aunt was a severe and demanding woman, at times despotic and violent in demanding obedience from Annakutty in her every minimal disposition or desire. Assiduous in her religious practice, she accompanied her niece, but did not share the young girl’s friendship with the Carmelites of the close-by Monastery or her long periods of prayer at the foot of the altar. She was, in fact, determined to procure an advantageous marriage for Annakutty, obstructing the clear signs of her religious vocation.

The virtue of the Blessed was manifested in accepting this severe and rigid education as a path of humility and patience for the love of Christ, and tenaciously resisted the reiterated attempts at engagement to which the aunt tried to oblige her. Annakutty, in order to get out from under a commitment to marriage, reached the point of voluntarily causing herself a grave burn by putting her foot into a heap of burning embers. “My marriage was arranged when I was thirteen years old. What had I to do to avoid it? I prayed all that night... then an idea came tome. If my body were a little disfigured no one would want me! ... O, how I suffered! I offered all for my great intention”.

The proposal to defile her singular beauty did not fully succeed in freeing her from the attentions of suitors. During the following years the Blessed had to defend her vocation, even during the year of probation when an attempt to give her in marriage, with the complicity of the Mistress of Formation herself, was made. “O, the vocation which I received! A gift of my good God!.... God saw the pain of my soul in those days. God distanced the difficulties and established me in this religious state”.

It was Fr. James Muricken, her confessor, who directed her towards Franciscan spirituality and put her in contact with the Congregation of the Franciscan Clarists. Annakutty entered their college in Bharananganam in the diocese of Palai, to attend seventh class, as an intern student, on the 24th of May 1927. The following year, on the 2nd of August 1928, Annakutty began her postulancy, taking the name of Alphonsa of the Immaculate Conception in honour of St. Alphonsus Liguori, whose feast it was that day. She was clothed in the religious habit on the 19th of May 1930, during the first pastoral visit made to Bharananganam by the Bishop, Msgr. James Kalacherry.

The period 1930-1935 was characterised by grave illness and moral suffering. She could teach the children in the school at Vakakkad only during the scholastic year 1932. Then, because of her weakness, she carried out the duties of assistant-teacher and catechist in the parish. She was engaged also as secretary, especially to write official letters because of her beautiful script. The canonical novitiate was introduced into the Congregation of the Franciscan Clarists in 1934. Though wishing to enter immediately, the Blessed was only admitted on the 12th of August 1935 because of her ill health. About one week after the beginning of her novitiate, she had a haemorrhage from the nose and eyes and a profound organic wasting and purulent wounds on her legs. The illness deteriorated, to such a point that the worst was feared. Heaven came to the rescue of the holy novice. During a novena to The Servant of God Fr. Kuriakose Elia Chavara - a Carmelite who today is a Blessed—she wasmiraculously and instantaneously cured. Having restarted her novitiate, she wrote the following proposals in her spiritual diary: “I do not wish to act or speak according to my inclinations. Every time I fail, I will do penance... I want to be careful never to reject anyone. I will only speak sweet words to others. I want to control my eyes with rigour. I will ask pardon of the Lord for every little failure and I will atone for it through penance. No matter what my sufferings may be, I will never complain and if I have to undergo any humiliation, I will seek refuge in the Sacred Heart of Jesus”.

The 12th of August 1936, the feast of St. Clare, the day of her perpetual profession, was a day of inexpressible spiritual joy. She had realised her desire, guarded for a long time in her heart and confided to her sister Elizabeth when she was only 12 years old: “Jesus is my only Spouse, and none other”.

Jesus, however, wished to lead His spouse to perfection through a life of suffering. “I made my perpetual profession on the 12th of August 1936 and came here to Bharanganam on the following 14th. From that time, it seems, I was entrusted with a part of the cross of Christ. There are abundant occasions of suffering... I have a great desire to suffer with joy. It seems that my Spouse wishes to fulfil this desire”.

Painful illnesses followed each other: typhoid fever, double pneumonia, and, the most serious of all, a dramatic nervous shock, the result of a fright on seeing a thief during the night of the 18th of October 1940. Her state of psychic incapacity lasted for about a year, during which she was unable to read or write.

In every situation, Sister Alphonsa always maintained a great reservation and charitable attitude towards the Sisters, silently undergoing her sufferings. In 1945 she had a violent outbreak of illness. A tumour, which had spread throughout her organs, transformed her final year of life into a continuous agony. Gastroenteritis and liver problems caused violent convulsions and vomiting up to forty times a day: “I feel that the Lord has destined me to be an oblation, a sacrifice of suffering... I consider a day in which I have not suffered as a day lost to me”.

With this attitude of a victim for the love of the Lord, happy until the final moment and with a smile of innocence always on her lips, Sister Alphonsa quietly and joyfully brought her earthly journey to a close in the convent of the Franciscan Clarists at Bharananganam at 12.30 on the 28th July 1946, leaving behind the memory of a Sister full of love and a saint.

Alphonsa of the Immaculate Conception Muttathupadathu was proclaimed Blessed by Pope John Paul II in Kottayam, India, on the 8th of February 1986.

With today’s Canonisation, the Church in India presents its first Saint to the veneration of the faithful of the whole world. Faithful from every part of the world have come together in a single act of thanksgiving to God in her name and in a sign of the great oriental and western traditions, Roman and Malabar, which Sr. Alphonsa lived and harmonised in her saintly life.


ALFONSA DE LA INMACULADA CONCEPCIÓN


La Beata ALFONSA DE LA INMACULADA CONCEPCIÓN nació en Kudamalur, de la región de Arpookara, en la diócesis de Changanacherry, India, el 19 de agosto de 1910, de la antigua y noble familia de los Muttathupadathu.

Desde su nacimiento, la vida de la Beata estuvo marcada por la cruz, que se le revelará progresivamente como el único camino para conformarse con Cristo. La mamá, María Puthukari, la dio a luz prematuramente al octavo mes de embarazo, después del susto provocado por una serpiente que se le enrolló a la cintura, mientras dormía. Ocho días después, el 28 de agosto, la pequeña venía bautizada según el rito siro malabar por el párroco Padre José Chakalayil recibía el nombre de Annakutty, diminutivo de Ana. Era la última de cinco hijos.

Transcurridos apenas tres meses, murió la madre. Annakutty pasó sus primeros años en casa de los abuelos en Elumparambil. Allí vivió un tiempo particularmente feliz para su formación humana y cristiana, durante el cual aparecieron en ella los primeros gérmenes de vocación. La abuela, mujer piadosa y caritativa, le comunicó la alegría de la fe, el amor a la oración, el impulso de la caridad para con los pobres. A los cinco años la niña sabía ya guiar, con entusiasmo infantil, la oración vespertina de la familia reunida, según el uso siro malabar, en la « sala de oración».

El 11 de noviembre de 1917, Annakutty recibió por primera vez el pan eucarístico. Decía a sus amigas «¿Saben por qué hoy estoy particularmente contenta? ¡Porque tengo a Jesús en mi corazón!». Y en una carta a su padre espiritual, del 30 de noviembre de 1943, le había confiado: «Desde la edad de siete años no soy másmía. Me he dedicado toda a mi Esposo divino. Lo sabe bien Su Reverencia».

El mismo año de 1917 comenzó a frecuentar la escuela elemental de Thonnankuzhy, donde estableció una sincera amistad también con los niños hinduistas. Acabado el primer ciclo de instrucción, en 1920, viene el tiempo de trasladarse a Muttuchira, a casa de la tía Anna Murickal, a la que la mamá la había encomendado antes de morir, como madre adoptiva.

La tía era una mujer severa y exigente, con tratos despóticos y violentos exigía de Annakutty la obediencia a sus más mínimas disposiciones o deseos. Asidua en las prácticas religiosas, acompañaba a la sobrina, pero no compartía la amistad de la joven con las Carmelitas del monasterio vecino, ni sus largas jornadas de oración al pie del altar. Sin embargo estaba bien determinada a procurar un ventajoso matrimonio a Annakutty, obstaculizando los claros signos de su vocación religiosa.

La virtud de la Beata se manifestó en aceptar esta severa y rígida educación como una senda de humildad y paciencia por amor a Cristo, resistiendo tenazmente los reiterados intentos de noviazgo a los que buscaba obligarla la tía. Para sustraerse al compromiso de matrimonio, Annakutty llegó al punto de provocarse voluntariamente una gravísima quemadura, poniendo el pie en brasas ardientes. «Mi noviazgo estuvo determinado cuando tenía trece años cumplidos. ¿Qué podía hacer para evitarlo? Oré toda la noche... entonces me vino una idea. ¡Si mi cuerpo hubiese estado un poco desfigurado, ninguno me habría querido!... ¡Cuánto he sufrido! Y todo lo ofrecí por mi gran intención».

El propósito de disimular su singular belleza no valió del todo para librarla de las atenciones de los pretendientes. También en los años siguientes la Beata debió defender la propia vocación, incluso durante el año de prueba, cuando se intentó darla en matrimonio con la complicidad de la misma maestra de formación. «¡Oh, vocación que he recibido! ¡Don de mi buen Dios!... Dios vio el dolor de mi ánimo aquel día. Dios alejó las dificultades y me afianzó en este estado religioso».

Fue el P. Giacomo Muricken, su confesor, quien la orientó hacia la espiritualidad franciscana y para hacerla conocer la Congregación de las Franciscanas Clarisas. El 24 de mayo de 1927 Annakutty ingresaba en su colegio de Bharananganam en el actual territorio de la diócesis de Palai, para asistir como interna a la séptima clase. El año siguiente, el 2 de agosto de 1928, Annakutty iniciaba el Postulantado, tomando el nombre de Alfonsa de la Inmaculada Concepción, en honor de S. Alfonso de Ligorio, celebrado aquel día. El 19 de mayo de 1930 fue la vestición religiosa durante la primera visita pastoral a Bharananganam del Obispo Mar Giacomo Kalacherry.

El período de 1930-1935 estuvo marcado por graves enfermedades y sufrimientos morales. Pudo enseñar a los niños en la escuela de Vakakkad sólo el año escolar de 1932-33. Después, a causa de su debilidad, desempeña la tarea de auxiliar enseñante y de catequista en la parroquia. Estuvo encargada también como secretaria, sobre todo para escribir cartas oficiales, por su hermosa letra.

En 1934 fue introducido en la Congregación de las Franciscanas Clarisas el noviciado canónico. Deseando comenzarlo de inmediato, la Beata, a consecuencia de su inestable salud, fue admitida hasta el 12 de agosto de 1935. Casi una semana después de comenzado el Noviciado se presentaron hemorragias de la nariz y de los ojos, un profundo agotamiento orgánico y llagas purulentas en las piernas. La enfermedad se agravó a tal punto que se temió lo peor. El cielo vino en ayuda de la santa novicia. Durante una novena al Siervo de Dios Padre Kuriakose Elía Chavara —Carmelitano, hoy Beato— fue milagrosa e instantáneamente curada. Reiniciado el noviciado escribía en su diario espiritual sus santos propósitos: «No quiero actuar o hablar según mi inclinación. Cada vez que falte haré una penitencia... quiero estar atenta y no contradecir jamás a ninguno. A los demás diré sólo palabras amables. Quiero controlar mis ojos con rigor. Por cada pequeña falta pediré perdón al Señor y la expiaré con una penitencia. De cualquier tipo que sean mis sufrimientos no me lamentaré jamás y cuando deba afrontar cualquier humillación buscaré refugio en el Sagrado Corazón de Jesús».

El 12 de agosto de 1936, fiesta de Santa Clara, día de su Profesión perpetua, fue de inexpresable alegría espiritual. Se realizaba el deseo largamente guardado en su corazón y confiado a su hermana Isabel cuando apenas tenía doce años: «Jesús es mi único Esposo, y ningún otro».

Pero Jesús quería conducir a su esposa a la perfección por el camino del sufrimiento. «Hice mi profesión perpetua el 12 de agosto de 1936 y vine aquí a Bharanganam el día 14 siguiente. Desde aquel tiempo parece que me ha sido confiada una parte de la Cruz de Cristo. Ocasiones de sufrir me vienen en abundancia... Tengo un gran deseo de sufrir con alegría. Parece que mi Esposo quiere cumplir este deseo».

Hubo una serie de enfermedades dolorosas: una fiebre tifoidea, una pulmonía doble y, lo más grave, un shock nervioso por el susto al ver un ladrón, la noche del 18 de octubre de 1940. El estado de postración física se prolongó cerca de un año durante el cual no estuvo en grado de leer ni de escribir.

En toda situación Sor Alfonsa mantuvo una gran reserva y una actitud caritativa hacia las Hermanas, soportando en silencio sus sufrimientos.En 1945 sus enfermedades tuvieron un ataque violento. Un tumor difundido en todo el organismo transformó su último año de vida en una continua agonía. Una gastroenteritis con complicación al hígado le provocaba violentas convulsiones con vómitos, hasta cuarenta veces al día. «Siento que el Señor me ha destinado a ser una oblación, un sacrificio de sufrimiento... Considero el día en que no he sufrido como un día perdido por mí».

En esta actitud de víctima por amor al Señor, contenta hasta el últimomomento y con la sonrisa de la inocencia siempre impresa en sus labios, Sor Alfonsa terminó serenamente y con alegría su camino terreno en el convento de las Franciscanas Clarisas en Bharananganam a las 12:30 horas del 28 de julio de 1946, dejando el recuerdo de una Hermana llena de amor y santa.

El 8 de febrero de 1986 Alfonsa de la Inmaculada Concepción Muttathupadathu fue proclamada Beata por el Papa Juan Pablo II en Kottayam, India.

Hoy, con la canonización, la Iglesia que peregrina en la India muestra a la veneración de los fieles de todo el mundo su primera Santa. En su nombre fieles provenientes de todas partes del mundo se unen en el único agradecimiento a Dios, en el signo de dos grandes tradiciones oriental y occidental, romana y malabar, que Alfonsa vivió y armonizó en su vida santa.


ALFONSA DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE


La Beata ALFONSA DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE nacque a Kudamalur, nella regione di Arpookara in diocesi di Changanacherry, India, il 19 agosto 1910, dall'antica e nobile famiglia dei Muttathupadathu. Fin dalla nascita, la vita della Beata fu segnata dalla croce, che le si rivelerà progressivamente come la via regale per conformarsi a Cristo. La mamma, Maria Puthukari, la diede alla luce prematuramente, mentre era all’ottavo mese di gravidanza, in seguito allo spavento provato per un serpente che, mentre dormiva, le si era avvinghiato alla vita. Otto giorni dopo, il 28 agosto, la piccola veniva battezzata secondo il rito siro-malabarese dal parroco Padre Giuseppe Chakalayil e riceveva il nome Annakutty, diminuitivo di Anna. Era l’ultima di cinque figli.

Trascorsi appena tre mesi, la madre morì. Annakutty trascorse la prima infanzia presso la casa dei nonni ad Elumparambil. Qui visse un tempo particolarmente felice per la sua formazione umana e cristiana, durante il quale sbocciarono in lei i primi germi della vocazione alla vita consacrata. La nonna, donna pia e caritatevole, le comunicò la gioia della fede, l’amore alla preghiera, lo slancio della carità verso i poveri. A cinque anni la bambina già sapeva guidare, con entusiasmo tutto infantile, la preghiera serale della famiglia riunita, secondo l’uso siro-malabarese, nella «stanza della preghiera ».

L’11 novembre 1917 Annakutty ricevette per la prima volta il pane eucaristico. Diceva alle sue amiche «Sapete perchè oggi sono particolarmente contenta? Perchè ho Gesù nel mio cuore»! E in una lettera al padre spirituale, del 30 novembre 1943, avrebbe confidato in seguito: «Già dall’età di sette anni non sono più mia. Mi ero dedicata tutta al mio Sposo divino. Lo sa bene Sua Riverenza».

Nello stesso anno 1917 iniziò a frequentare la scuola elementare di Thonnankuzhy, dove stabilì una sincera amicizia anche con i bambini induisti. Terminato il primo ciclo d’istruzione, nel 1920, venne il tempo di trasferirsi a Muttuchira, in casa della zia Anna Murickal, alla quale la mamma l’aveva affidata prima di morire, come madre di adozione.

La zia era una donna severa ed esigente, a tratti dispotica e violenta nell’esigere da Annakutty l’obbedienza ad ogni sua minima disposizione o desiderio. Assidua alle pratiche religiose, vi si recava in compagnia della nipote, ma non condivideva l’amicizia della giovane con le Carmelitane del vicino monastero, né le sue lunghe soste di preghiera ai piedi dell’altare. Era infatti ben determinata a procurare un vantaggioso matrimonio ad Annakutty, ostacolando i chiari segni della sua vocazione religiosa.

La virtù della Beata si manifestò nell’accettare questa educazione severa e rigida come una via di umiltà e di pazienza per amore di Cristo, e resistendo tenacemente ai reiterati tentativi di fidanzamento a cui la zia cercava di obbligarla. Per sottrarsi all’impegno delle nozze, Annakutty giunse al punto di provocarsi volontariamente una gravissima ustione, ponendo il piede in una fossa di brace ardente. « Ilmio fidanzamento era fissato quando avevo tredici anni compiuti. Che cosa dovevo fare per evitarlo? Io pregai tutta la notte... mi venne allora un’idea. Se il mio corpo fosse stato un pò sfigurato, nessuno mi avrebbe voluta!... Quanto ho sofferto! E tutto offrii per la mia grande intenzione».

Il proposito di svilire la sua singolare bellezza non valse del tutto a liberarla dalle attenzioni dei pretendenti. Anche negli anni successivi la Beata dovette difendere la propria vocazione, persino nel corso dell’anno di probandato, quando si tentò di piegarla al matrimonio con la complicità della stessa maestra di formazione. «O vocazione che ho accolto! Dono del mio buon Dio!....Dio vide il dolore del mio animo in quei giorni. Dio allontanò le difficoltà e mi costituì in questo stato religioso».

Fu il P. Giacomo Muricken, suo confessore, a orientarla verso la spiritualità francescana e a farle conoscere la Congregazione delle Francescane Clarisse. Il 24 maggio 1927 Annakutty entrava nel loro collegio di Bharananganam nell’attuale territorio della diocesi di Palai, per frequentare come alunna interna la settima classe. L’anno successivo, il 2 agosto 1928, Annakutty iniziava il postulandato, assumendo il nome di Alfonsa dell’Immacolata Concezione, in onore di Sant’Alfonso De’ Liguori, festeggiato in quel giorno. Il 19 maggio 1930 fece la vestizione religiosa, nel corso della prima visita pastorale a Bharananganam del Vescovo Mar Giacomo Kalacherry.

Il periodo 1930-1935 fu caratterizzato da gravi malattie e sofferenze morali. Poté insegnare ai bambini, nella scuola di Vakakkad solo nell’anno scolastico 1932-33. In seguito, a causa della sua debolezza, svolse il compito di aiuto-insegnate e di catechista in parrocchia. Fu impegnata anche come segretaria, soprattutto per scrivere lettere ufficiali, a motivo della sua bella grafia. Nel 1934 fu introdotto nella Congregazione delle Francescane Clarisse il noviziato canonico. Pur desiderando entrarvi subito, la Beata per la sua malferma salute vi fu ammessa solo il 12 agosto 1935. Dopo circa una settimana dall’inizio del noviziato, si manifestarono emorragie al naso, agli occhi, un profondo deperimento organico e piaghe purulenti alle gambe. La malattia si aggravò a tal punto che si temette il peggio. Il cielo venne in soccorso alla santa novizia. Nel corso di una novena al Servo di Dio Padre Kuriakose Elia Chavara- Carmelitano, oggi Beato, fu miracolosamente ed istantaneamente guarita. Ripreso il noviziato annotava nel suo diario spirituale i santi propositi: «Non voglio agire o parlare secondo la mia inclinazione. Ogni volta che mancherò farò una penitenza... voglio essere attenta a non ribattere mai a nessuno. Agli altri dirò solo parole dolci. Voglio controllare i miei occhi con rigore. Per ogni piccola mancanza chiederò perdono al Signore e la espierò con una penitenza. Di qualsiasi genere saranno le mie sofferenze non mi lamenterò mai e quando dovessi affrontare qualche umiliazione cercherò rifugio nel Sacro Cuore di Gesù».

Il 12 agosto 1936, festa di santa Chiara, giorno della sua professione perpetua fu un giorno di inesprimibile gioia spirituale. Si realizzava il desiderio a lungo custodito nel cuore e confidato alla sorella Elisabetta quando ancora aveva solo 12 anni: «Gesù è l’unico mio Sposo, e nessun altro ».

Gesù voleva però condurre la sua sposa alla perfezione per la via della sofferenza. «Ho fatto la mia professione perpetua il 12 agosto 1936 e venni qui a Bharanganam il 14 successivo. Da quel tempo sembra mi sia stata affidata una parte della croce di Cristo. Occasioni di soffrire ve ne sono in abbondanza...Ho un grande desiderio di soffrire con gioia. Sembra che il mio Sposo voglia compiere questo desiderio».

Ci fu un susseguirsi di malattie dolorose: una febbre tifoidea, una polmonite doppia e, ciò che fu più grave, uno drammatico collasso nervoso per lo spavento alla vista di un ladro, la notte del 18 ottobre 1940. Lo stato di prostrazione psichica si protrasse per circa un anno durante il quale non fu più in grado di leggere né di scrivere.

In ogni situazione Suor Alfonsa mantenne sempre una grande riservatezza e un atteggiamento caritatevole verso le sorelle, sopportando in silenzio le sue sofferenze. Nel 1945 le sue malattie ebbero un scoppio violento. Un tumore diffuso in tutto l'organismo trasformò il suo ultimo anno di vita in una continua agonia. Una gastroenterite con difficoltà al fegato le procurava violente convulsioni con vomiti, fino a quaranta volte al giorno. « Io sento che il Signore mi ha destinata, ad essere un'oblazione, un sacrificio di sofferenza... Considero il giorno in cui non ho sofferto un giorno perduto per me».

In questo atteggiamento di vittima per amore verso il Signore, lieta fino all'ultimo istante e con il sorriso dell'innocenza sempre impresso sulle labbra, Suor Alfonsa chiuse serenamente e con gioia il suo cammino terreno nel convento delle Francescane Clarisse a Bharananganam alle ore 12.30 del 28 luglio 1946, lasciando il ricordo d'una suora piena d'amore e santa.

L’8 febbraio 1986 Alfonsa dell’Immacolata Concezione Muttathupadathu fu proclamata Beata da Papa Giovanni Paolo II a Kottayam in India.

Con l’odierna Canonizzazione la Chiesa che è in India indica alla venerazione dei fedeli di tutto il mondo la sua prima Santa. Nel suo nome, fedeli provenienti da ogni parte del mondo, si uniscono nell’unico ringraziamento aDio, nel segno delle due grandi tradizioni orientale ed occidentale, romana e malabarese che Suor Alfonsa visse e armonizzò nella sua vita santa.






NARCISA DE JESÚS MARTILLO MORÁN


NARCISA DE JESÚS MARTILLO MORÁN nació en 1832, en la hacienda San José de Nobol, Daule, Ecuador. Los dominicos regentaban su parroquia desde hacía casi trescientos años. Fue hija de Pedro Martillo y Josefa Morán, campesinos propietarios, gente sencilla y profundamente creyente. Su padre, dotado de una inteligencia clara y espíritu de trabajo, reunió una apreciable fortuna. Eramuy devoto de la futura Santa Mariana de Jesús y de San Jacinto de Polonia, que se venera con fervor en toda la provincia del Guayas. Los nueve hijos del matrimonio crecieron sanos y robustos, Narcisa ocupaba el sexto lugar. En 1838, cuando contaba 6 años, falleció su madre. Con la ayuda de una maestra particular y de su hermana mayor, se instruyó en las primeras letras. Aprendió a leer, escribir, cantar, tocar la guitarra, coser, arte que llegó a dominar con verdadera maestría, tejer, bordar, cocinar. Poseía grandes cualidades, con predisposición especial para la música. Con frecuencia su plegaria se hacía canción, y su cántico fue íntimo y piadoso, entregando el corazón a Quien bien lo merecía, como rezaba una composición que gustaba repetir cuando era jovencita.

Tuvo una clara percepción de su llamada a la santidad, especialmente a partir del sacramento de la Confirmación, que recibió a la edad de 7 años, el 16 de septiembre de 1839. Adquirió la costumbre de retirarse con frecuencia a un bosquecillo cercano a la casa, para entregarse libremente a la contemplación de las realidades divinas. El árbol de Guayabo junto al cual rezaba, es hoy el término de nutridas peregrinaciones. Convirtió en oratorio doméstico, un pequeño cuarto de su casa. Se propuso imitar a Santa Mariana de Jesús, identificándose con la vocación de víctima. Asumió un camino arduo de penitencia, para unirse más íntimamente a Cristo sufriente y ayudarle a la redención del mundo. Colaboraba en los trabajos domésticos y en los del campo. Era una joven reflexiva, amable, alegre, de carácter dulce y apacible, sumamente buena y obediente, caritativa, compasiva para con los pobres, extremadamente piadosa, amada por todo el vecindario. Joven muy hermosa, de ojos azules y cabello rubio, esbelta, fuerte y ágil. Se manifestó una excelente catequista. No podía menos de transmitir el fuego del amor divino a los suyos y a los niños del vecindario.

En enero de 1852 falleció su buen padre. Narcisa, que contaba 19 años de edad, pasó a Guayaquil, y se hospedó con una familia muy conocida que habitaba junto a la catedral. En esta ciudad permaneció hasta 1868, exceptuando unos meses que pasó en la ciudad de Cuenca. Mudó varias veces de morada para preservar su intimidad y dedicarse con mayor libertad a la oración y penitencia, viviendo del trabajo de costurera. Socorría a pobres y enfermos. Fue dócil a las directrices de sus directores espirituales, y compartió ideales, y a veces vivienda, con la Beata Mercedes de Jesús Molina.

Impulsada por un anhelo de mayor perfección y aconsejada por un religioso franciscano, se embarcó en junio de 1868 para Lima, Perú, y vivió como seglar interna en el convento dominicano del Patrocinio, fundado en 1688 en lugares donde solía apacentar su rebaño San Juan Macías. El Señor la favorecía con dones extraordinarios, y le mostraba cuán acepta le era su vida, también en medio de las pruebas del espíritu.

A finales de septiembre de 1869 se le declararon unas fiebres. Poco pudieron hacer los remedios médicos, pero continuó con su ritmo de vida normal, y así hasta finalizar la novena y celebrar con gran gozo, vestida de blanco, la Eucaristía en la solemnidad de la Inmaculada Concepción de María, 8 de diciembre de 1869, el mismo día en que el Beato Pío IX abría en Roma el Concilio Vaticano I. Al final de la jornada se despidió de las hermanas, porque iba a realizar un viaje muy largo. Lo tomaron a broma, pero al poco rato una de ellas, la encargada de bendecir las habitaciones, advirtió un resplandor y una fragancia especial en la suya. Acudió la comunidad y comprobaron que había muerto. Contaba 37 años de edad.

Se supo después que había hecho voto privado de virginidad perpetua, de pobreza, obediencia, clausura, eremitismo, ayuno a pan y agua, comunión diaria, confesión, mortificación y oración. Todos estos votos los mantuvo fielmente. Vivía en continua unión con Jesucristo. Sus mortificaciones fueron muy severas. Llevaba constantemente en su cuerpo la crucifixión del Señor. Tenía una fe firme y una admirable esperanza. Los médicos se maravillaban de que hubiera podido vivir con tan poco alimento.

En su cadáver se advirtieron durante largo tiempo signos de flexibilidad y fragancia, y ante él se obraron múltiples gracias. Lima la aclamó como santa, y lo mismo hicieron las gentes de Guayaquil y Nobol. Las hermanas del Patrocino guardaron memoria de sus virtudes y custodiaron con suma veneración el sepulcro, hasta que su cuerpo, prácticamente incorrupto, se trasladó a Guayaquil en 1955. El proceso diocesano de canonización fue entregado en la Congregación para las Causas de los Santos en 1964. El Papa Juan Pablo II la beatificó el 25 de octubre de 1992. El 22 de agosto de 1998 dedicaron un santuario en su honor en Nobol, donde se venera en la actualidad el sepulcro, con su cuerpo incorrupto. La devoción a la «Niña Narcisa» denota la espontánea identificación del pueblo sencillo con esta mujer de la costa ecuatoriana. El ejemplo de su vida pura y piadosa, trabajadora y apostólica, transmite un mensaje muy actual.


NARCISA DE JESÚS MARTILLO MORÁN


NARCISA DE JESÚS MARTILLO MORÁN nacque nel 1832, nel borgo San Giuseppe di Nobol, Daule, Ecuador. I Domenicani reggevano la parrocchia già da quasi trecento anni. Era figlia di Pietro Martillo e Giuseppina Morán, proprietari terrieri, gente semplice e profondamente credente. Suo padre, dotato di un’ intelligenza vivace e gran lavoratore, raggiunse una apprezzabile agiatezza. Era molto devoto della futura Santa Marianna di Gesù e di San Giacinto di Polonia che si venera con fervore in tutta la provincia del Guayas. Ebbero nove figli che crebbero sani e robusti. Narcisa era la sesta. Nel 1838, quando aveva sei anni, morì sua madre. Con l’aiuto di un’insegnante e di sua sorella maggiore, apprese a leggere a scrivere, cantare, suonare la chitarra, cucire — arte che giunse a eseguire con vera maestria — tessere, ricamare, cucinare. Aveva grandi qualità, con una predisposizione particolare per la musica. Con frequenza la sua preghiera si faceva canto, e il suo canto era intimo e pio, raggiungendo il cuore a Chi ben lo meritava, come diceva una canzone che amava cantare quando era giovane.

Ebbe una chiara percezione della sua chiamata alla santità, specialmente a partire dal sacramento della cresima, che ricevette all’età di sette anni il 16 settembre 1839. Prese l’abitudine di ritirarsi con frequenza in un piccolo bosco vicino alla casa per darsi liberamente alla contemplazione delle realtà divine. L’albero di Guayabo vicino al quale pregava, è oggi metà di numerosi pellegrinaggi. Trasformò in cappella una piccola camera della sua casa. Si propose di imitare Santa Marianna di Gesù, identificandosi con la vocazione di vittima. Assunse un cammino arduo di penitenza per unirsi più intimamente a Cristo sofferente e collaborare alla redenzione del mondo. Collaborava nei lavori domestici e in quelli del campo. Era una giovane riflessiva, amabile, allegra, di carattere dolce e pacifica, estremamente buona e obbediente, caritatevole, compassionevole con i poveri, molto pia, amata da tutti i vicini. Giovane molto bella, bionda con gli occhi azzurri, alta, forte e agile. Si manifestò un’eccellente catechista. Non poteva fare a meno di trasmettere il fuoco dell’amore divino ai suoi e ai bimbi del vicinato.

Nel gennaio del 1852 morì il suo buon padre. Narcisa che aveva 19 anni si trasferì a Guayaquil presso una famiglia molto conosciuta che abitava vicino alla cattedrale. In questa città rimase fino al 1868 eccettuati alcuni mesi che visse nella città di Cuenca. Cambiò varie volte dimora per preservare la sua intimità e dedicarsi con maggiore libertà alla preghiera e alla penitenza, vivendo del lavoro di sarta. Aiutava i poveri e i malati. Fu docile alle direttive dei suoi direttori spirituali e condivise ideali e a volte la casa, con la beata Mercedes di Gesù Molina.

Spinta da un desiderio di maggiore perfezione e consigliata da un religioso francescano, si imbarcò nel giugno del 1868 per Lima, Perù, e visse come secolare interna nel convento domenicano del Patrocinio, fondato nel 1688, nei luoghi donde era solito portare a pascolare il gregge San Giovanni Macías. Il Signore la favoriva con doni straordinari, e lemostrava quanto gradita era la sua vita, anche in mezzo alle prove dello spirito.

Verso la fine del settembre 1869 le vennero delle forti febbri. Poco poterono fare i rimedi medici, però continuò con il suo ritmo la vita normale, e così fino a terminare la novena e celebrare con gran gioia, vestita di bianco l’Eucarestia, nella solennità della Immacolata Concezione di Maria l’8 dicembre 1869, lo stesso giorno nel quale il Beato Pio IX apriva in Roma il Concilio Vaticano I. Al fine della giornata salutò le sorelle, dicendo che andava a fare un viaggio molto lontano. Fu preso come uno scherzo, però dopo un poco una delle suore, incaricata di benedire le celle, notò uno splendore e un odore speciale in quella di Narcisa. Si radunò la comunità e videro che era morta. Aveva 37 anni d’età.

Si seppe dopo che aveva fatto voto privato di verginità perpetua, di povertà, obbedienza, clausura, vita eremitica, digiuno a pane ed acqua, comunione quotidiana, confessione, mortificazione e preghiera. Tutti questi voti mantenne fedelmente. Viveva in continua unione con Gesù Cristo. Le sue mortificazioni furono molto severe. Portava costantemente sul suo corpo i segni della crocifissione del Signore. Aveva una fede ferma e una ammirabile speranza. I medici si meravigliavano che avesse potuto vivere con tanto poco cibo.

Il suo corpo rimase durante molto tempo flessibile ed emanava un buon profumo, e davanti ad esso avvennero molte grazie. Lima l’acclamò come Santa e lo stesso fecero la gente di Guayaquil e Nobol. Le sorelle domenicane del Patrocino custodirono la memoria delle sue virtù e il sepolcro con grande venerazione, fino a che il suo corpo, praticamente incorrotto, fu trasferito a Guayaquil nel 1955. Il processo diocesano di canonizzazione fu consegnato alla Congregazione per le Cause dei Santi nel 1964. Il Papa Giovanni Paolo II la beatificò il 25 ottobre del 1992. Il 22 agosto del 1998 dedicarono un Santuario in suo onore in Nobol, dove attualmente si conserva il suo corpo incorrotto. La devozione alla «Niña Narcisa» denota la spontanea identificazione del popolo semplice con questa donna della costa ecuatoriana. L’esempio della sua vita pura e pia, lavoratrice e apostolica, trasmette un messaggio molto attuale.


NARCISA DE JESÚS MARTILLO MORÁN


NARCISA DE JESÚS MARTILLO MORÁN was born in 1832 in the hamlet of St Joseph in Nobol, Daule, Ecuador. The Dominicans had been looking after the parish for almost three hundred years. She was the daughter of Peter Martillo and Josephine Morán, landowners, modest people with a deep faith. Her father, who had a lively intelligence and was a great worker, amassed considerable wealth. He was very devoted to the future saint Marianna of Jesus and Saint Hyacinth of Poland who is venerated fervently throughout the province of Guayas. They had nine children, who grew healthy and strong. Narcisa was the sixth. In 1838, when she was six, her mother died. Helped by a teacher and an older sister she learnt to read, write, sing, play the guitar, sew (a skill she really mastered), weave, embroider and cook. She had great qualities, with a particular bent for music. Often, her prayer became song, and her song was intimate and devout, reaching the heart of Him who well deserved it, as a song which she loved to sing in her youth said.

She had a clear perception of her call to sanctity, especially from when she received confirmation, aged seven, on 16th September 1839. She grew into the habit of withdrawing frequently in a small wood near her home to give herself freely to the contemplation of divine realities. The tree of Guayabo, near which she prayed, is today the destination for large pilgrimages. She turned a small room in her house into a domestic chapel. She decided to imitate Saint Marianna of Jesus, identifying with the vocation of a victim. She undertook a demanding path of penance to unite herself more closely with the suffering Christ and cooperate in the redemption of the world. She helped with the domestic chores and out in the fields. She was a young, thoughtful, lovable, happy girl with a sweet and peaceful character, extremely good and obedient, generous, compassionate towards the poor, very devout, loved by all the neighbours. She was a very attractive young woman, blonde with blue eyes, tall, strong and agile. She showed herself to be an excellent catechist. She could not do without communicating the fire of divine love to her family and to the children of the neighbourhood.

In January 1852 her father, a good man, died. Narcisa, who was then 19, moved to Guayaquil to stay with a very well-known family who lived near the cathedral. She stayed in this city until 1868, except for those months she lived in the city of Cuenca. She moved house a number of times to preserve her privacy and to dedicate herself with greater freedom to prayer and penance, earning her living by doing tailoring work. She helped the poor and the sick. She was docile to the instructions of her spiritual directors and shared ideals, and sometimes a house, with the Blessed Mercedes of Jesus Molina.

Driven by a desire for greater perfection, and advised by a Franciscan religious, she set off in June 1868 for Lima (Perù) and lived as a lay member in the Dominican convent of Patrocinio, founded in 1688, in the area where Saint John Macias used to graze his flock. The Lord favoured her with extraordinary gifts, and showed her how pleasing her life was, in the midst of trials of the spirit.

Towards the end of September 1869, she had high fevers. Medical remedies could do little, but she kept up her normal rhythm of life, ending with a novena and the celebration of the Eucharist, with great joy, dressed in white, on the solemnity of the Immaculate Conception of Mary, 8th December 1869, the same day on which Blessed Pius IX opened in Rome Vatican Council I. At the end of the day she took leave of the sisters, saying she was going on a journey very far. This was taken as a joke, but not long after, one of the sisters, charged with blessing the cells, noticed a splendour and a special scent in Narcisa’s cell. The community gathered and they saw that she was dead. She was 37 years old.

Afterwards, it became known that she had made a private vow of perpetual virginity, poverty, obedience, enclosure, eremitical life, fasting on bread and water, daily Communion, confession, mortification and prayer. All these vows she kept faithfully. She lived in continuous union with Jesus Christ. Her mortifications were very severe. She carried constantly on her body the signs of the Lord’s crucifixion. She had a firm faith and admirable hope. The doctors were amazed that she could have lived so long with so little food.

Her body remained supple for a long time and from it came a pleasant scent, and in front of it many graces were granted. The city of Lima acclaimed her as a saint, as did the people of Guayaquil and Nobol. The Dominican Sisters of Patrocinio guarded the memory of her virtues and her tomb with great veneration until her body, practically incorrupt, was transferred to Guayaquil in 1955. The documents of the diocesan process of canonization were handed over to the Congregation for the Causes of Saints in 1964. Pope John Paul II beatified her on 25th October 1992. On 22nd August 1998 they dedicated a shrine in her honour in Nobol, where her incorrupt body is at present. Devotion to the “Niña Narcisa” shows the spontaneous identification of ordinary people with this woman from the Ecuadorian coast. The example of her life, pure and pious, of work and apostolate, sends out a very topical message.


II
PREPARAZIONE
ALLA CELEBRAZIONE


Introduzione


Fratelli e sorelle, siamo qui riuniti in preghiera per partecipare alla solenne Canonizzazione dei Beati:

****
Hermanos y hermanas, estamos reunidos aquí en oración para participar en la solemne Canonización de los Beatos:

****
Brothers and sisters, we are gathered in prayer to participate in the solemn Canonization of Blesse:

GAETANO ERRICO, presbitero, fondatore dei Missionari dei Sacri Cuori di Gesù e Maria;.

MARIA BERNARDA (VERENA) BÜTLER, vergine, fondatrice della Congregazione delle Suore Francescane Missionarie di Maria Ausiliatrice;

ALFONSA DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE (ANNA MTUTTATHUPADATHU), vergine della Congregazione delle Francescane Clarisse;

NARCISA DE JÉSUS MARTILLO MORÁN, laica.

Ascoltiamo dunque alcuni pensieri che questi Beati ci hanno lasciato, riflettiamo su di essi e preghiamo esprimendo a Dio la nostra gioia e la nostra riconoscenza.

****
Escuchemos, pues, algunos pensamientos que estos Beatos nos han dejado, reflexionemos sobre ellos y oremos expresando a Dios nuestra alegría y nuestro reconocimiento.

****
Let us listen, therefore, to some thoughts left to us by these Blessed. Let us reflect on them and pray to Go, expressing our joy and gratitude.


GAETANO ERRICO


Dagli scritti:

Lavoro apostolico

«Figli miei carissimi, vi dico: "Andate, faticate allegramente per la gloria di Dio, infervorate i popoli ad amarlo, perché se arriverete a togliere anche un solo peccato, che è offesa infinita a Dio, avrete fatto un gran bene. Non stancatevi di predicare la divina parola e di sentire le confessioni né vergognatevi di chiamare i peccatori più vili e rozzi a convertirsi, anche a costo di umiliazioni, anzi pregate e fate pregare tutta la comunità per la loro conversione"».


Sacro Cuore di Gesù

«L'Angelo del Signore mostra le santificatrici acque che, secondo la promessa di Dio, nella pienezza dei tempi egli doveva far piovere sopra l'anima dei poveri peccatori e così mondarli da tutte le loro iniquità. Queste preziosissime acque non si attingono nel pianto e nella mestizia, ma nella gioia e godimento. Acque che si cavano dalle fontane del nostro Salvatore, dalle piaghe ricevute per la nostra salute, specialmente dalla perenne fonte del suo Santissimo Cuore. Dunque, sentite sete, volete soddisfare i vostri desideri? Correte alla fonte del Cuore di Gesù Cristo, perché là troverete acqua e salute. "Attingete nell'allegria le acque alla fonte del Salvatore", le quali, appena bevute, espieranno e santificheranno le vostre anime dalle loro colpe e le rimetteranno le dovute pene"».


Sacro Cuore di Maria

«Cuore di Maria, voi siete il miracolo dei nostri stupori, il massimo prodigio delle nostre meraviglie, perché il vostro Dio ve lo disse e fedelmente l'ha fatto: "Io farò di te l'orgoglio dei secoli, la gioia di tutte le generazioni". Ma, Vergine eccelsa, ammirabile Cuore dei prodigi del nostro Dio, udite questa volta dalle immonde mie labbra con affetto pietoso, quello che un tempo Mardocheo disse alla sua nipote regina Ester: non pensate che voi siete stata eletta così in alto e riempita di grazie e virtù dalla mano di Dio, perché godiate solo voi delle vostre grandezze e percepiate la corona dei vostri meriti. Dio vi ha elevato ad un trono tanto alto per la salvezza delle nostre anime e di tutte le generazioni degli uomini. Avendo la Sua Divina Maestà sottoposto ogni cosa al vostro volere, dipende dalle vostre labbra la nostra salvezza; voi siete arbitra del nostro eterno destino; se ci volete salvi certamente i nostri nomi saranno scritti nel Libro della vita e saremo annoverati tra il numero dei santi; se ci volete perduri, a causa delle nostre iniquità, no saremo certamente ammucchiati tra la folla dei prescritti. Ma, ciò che mi dà ferma speranza e genera grande fiducia nel mio cuore è il sapere che voi siete la regina della misericordia, è il vedere attorno al vostro trono intagliata e scolpita la pietà».


Preghiere del Beato Gaetano Errico:

Al Cuore di Gesù

«Pietosissimo mio Salvatore, giacché voi, vedendomi pieno di peccati e molto assetato della vostra grazia, con amorose chiamate mi obbligate a bere dalle vostre acque, io, necessitato dalla mia miseria e molto più dalla vostra misericordia, vi chiedo, insieme alla donna samaritana, che mi diate da bere quest'acqua della vostra grazia, perché io non abbia più sete degli avvelenati piaceri né vada più dietro alle mondane vanità, ma, dimentico di tutto me stesso, pensi solo ad amare il vostro amabilissimo Cuore».


Al Cuore di Maria

«Vergine Santissima, soccorrete noi miserabili figli di Eva, aiutateci, quando siamo freddi nel servizio di Dio, ristorateci, quando piangiamo per le nostre colpe, pregate per noi che siamo il popolo donatovi da Dio, siate la mediatrice del clero, pregate per il devoto sesso femminile. Sentano tutti coloro che celebrano la vostra memoria l'aiuto, il sorriso e la grazia che voi sapete dispensare ai vostri devoti».


MARÍA BERNARDA BÜTLER


Pensamientos:

Mi vivir es el Evangelio. El santo Evangelio sea no sólo el libro que amemos e imitemos, sino el camino que recorramos, la vida que vivimos.

Soy y debo ser misionera.

En la constante comunión con Dios Uno y Trino recibe valor y se hace eficaz nuestro apostolado y nos hacemos fuertes para cualquier exigencia de nuestro diario vivir.

Apropémonos del espíritu de nuestra santa Madre Iglesia, hagamos nuestras sus alegrías y sus penas, oremos por sus ministros, los «ungidos del Señor» y trabajemos incansablemente por la extensión del Reino de Dios.

Amar a María es bueno, alabarla y glorificarla es muy bueno; es indispensable pedir todos los días su protección, pero una cosa es y será mejor: seguir fervorosamente sus huellas, imitar sus virtudes.

Seamos santas y sirvamos a todos nuestros hermanos; os suplico y os insto: abrid vuestras casas para atender a la promoción de los pobres y necesitados; anteponed la promoción de los más pobres a todo otro trabajo.

Crítica es la época en que vivimos y urgente, como nunca, la oración y la virtud. Aprended a interpretar los signos de los tiempos que son una llamada de Dios; oponed a los signos de los tiempos el dinamismo fecundo de los hijos de Dios.


Bendición

de la Madre María Bernarda:

Que el Señor se unja.
y te sature con el óleo de su gracia.
Bendiga tus acciones, enjugue tus lágrimas,
mitigue tus penas, te fortifique en las angustias
y Él, como altísimo y santísimo Dios
y misericordioso Padre de los cielos,
te haga crecer en confianza,
te dé abundancia de paz del corazón
y te haga triunfar sobre todos los poderes del mal.

R  Amen.

MARÍA BERNARDA BÜTLER


From a letter of St. Alphonsa

to her spiritual father in February 1946:

I have offered myself completely to Jesus,
May He do with me as He pleases.
My only desire, in this world,
is to suffer for the love of God
and to rejoice in doing so.
For a long time now my suffering has doubled,
physical and mental suffering,
and, at times, I have had the impression
that it was beyond my power of resistance.
I have shed many tears because of this.
I very much wish to undergo everything
without the minimal symptom of unease or complaint
and, until now, no one has known about my suffering.
Will He, who sent me this cross,
not also give me the strength to withstand it?...
My God looks on all my difficulties and consoles me.
Recently He had me suffer more
than I had experienced up to now.
Yet I am not disturbed. I rejoice and give thanks...

From a letter of St. Alphonsa in May 1946:


God, in His goodness, has given me the strength
to preserve inviolate the grace with I received in baptism.
I am unhappy only at hearing that others,
in the same situation as mine,
would have loved God more than I do;
but what gives me greater courage
is the certainty that God will continue to support me...
I wish and pray to be liberated
from every disordered love
which could obstruct, in any way, my love of God.

The Prayer of St. Alphonsa:


O Lord Jesus, hide me in the wound of your sacred heart.
Free me from my desire to be loved and esteemed.
Guard me from my evil attempts to win fame and honour.
Make me humble till I become a small spark in the flame of love
in your Sacred Heart.
Grant me the grace to forget myself and all worldly things.
Jesus, sweet beyond words,
convert all worldly consolations into bitterness for me.
O my Jesus, Sun of Justice,
enlighten my intellect and mind with your sacred rays.
Purify my heart, consume me with burning love for you,
and make me one with you.

R.  Amen.

Esecuzione musicale.


NARCISA DE JESÚS MARTILLO MORÁN


Dalla Costituzione Dogmatica sulla Chiesa del
Concilio Vaticano II, Lumen Gentium:


31.  Col nome di laici si intende l'insieme dei cristiani ad esclusione dei membri dell'ordine sacro e dello stato religioso sancito nella Chiesa, i fedeli cioè, che, dopo essere stati incorporati a Cristo col battesimo e costituiti popolo di Dio e, nella loro misura, resi partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano.

Il carattere secolare è proprio e peculiare dei laici. Infatti, i membri dell'ordine sacro, sebbene talora possano essere impegnati nelle cose del secolo, anche esercitando una professione secolare, tuttavia per la loro speciale vocazione sono destinati principalmente e propriamente al sacro ministero, mentre i religiosi col loro stato testimoniano in modo splendido ed esimio il mondo non può essere trasfigurato e offerto a Dio senza lo spirito delle beatitudini. Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio. Vivono nel secolo, cioè implicati in tutti i diversi doveri e lavori del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta. Ivi sono da Dio chiamati a contribuire, quasi dall'interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo esercitando il proprio ufficio sotto la guida dello spirito evangelico, e in questo modo a manifestare Cristo agli altri principalmente con la testimonianza della loro stessa vita e col fulgore della loro fede, della loro speranza e carità. A loro quindi particolarmente spetta di illuminare e ordinare tutte le cose temporali, alle quali sono strettamente legati, in modo che siano fatte e crescano costantemente secondo il Cristo e siano di lode al Creatore e Redentore.

****

38.  Ogni laico deve essere davanti al mondo un testimone della risurrezione e della vita del Signore Gesù e un segno del Dio vivo. Tutti insieme, e ognuno per la sua parte, devono nutrire il mondo con i frutti spirituali (cfr. Gal 5, 22) e in esso diffondere lo spirito che anima i poveri, miti e pacifici, che il Signore nel Vangelo proclamò beati (cfr. Mt 5, 3-9). In una parola: «ciò che l'anima è nel corpo, questo siano i cristiani nel mondo».


Preghiera:


O Dio, che hai dato al mondo il tuo Vangelo
come fermento di vita nuova,
concedi ai laici, che vivono la loro quotidiana esperienza
al servizio della comunità umana,
di portare nelle realtà terrestri l'autentico spirito del Cristo,
per l'edificazione del tuo regno.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

R.  Amen.

RITO DELLA CANONIZZAZIONE


Il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, Mons. Angelo Amato, S.D.B., Arcivescovo titolare di Sila, accompagnato dai Postulatori, si reca dal Santo Padre e domanda che si proceda alla Canonizzazione dei Beati Gaetano Errico, Maria Bernarda Bütler, Alfonsa dell'Immacolata Concezione e Narcisa de Jesú Martillo Morán:

Beatissime Pater, postulat Sancta Mater Ecclesia per Sanctitatem Vestram Catalogo Sanctorum adscribi, et tamquam Sanctos ab omnibus christifidelibus pronunciari Beatos:

Caietanum Errico,
Mariam Bernarda Bütler,
Alfonsam ab Immaculata Concepcione et
Narcissam a Iesu Martillo Morán.





Beatissimo Padre, la Santa Madre Chiesa chiede che Vostra Santità iscriva i Beati:



Gaetano Errico,
Maria Bernarda Bütler,
Alfonsa dell'Immacolata Concezione e
Narcisa de Jesús Martillo Morán.

nell'Albo dei Santi, e come tali siano invocati da tutti i cristiani.



Quindi il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi presenta brevemente le biografie dei Beati che vengono proclamati Santi.

Litanie dei Santi


Il Santo Padre:

Fratres sorosque carissimi, Deo Patri omnipotenti preces nostras per Iesum Christum levemus. Pro nobis intercedant Beata Virgo Maria et omnes Sancti, ut Spiritus Sanctus mentes nostras illuminet atque Christi lux in Ecclesia splendeat, quæ quorundam ex suis filiis sanctitatem proclamat.

Il Santo Padre:

Fratelli e sorelle carissimi, eleviamo le nostre preghiere a Dio Padre onnipotente per mezzo di Gesù Cristo. Intercesano per noi la Beata Vergine Maria e tutti i Santi, perché lo Spirito Santo illumini la nostra mente e la luce di Cristo risplenda nella Chiesa, che proclama la santità di alcuni dei suoi figli.



Litaniæ Sanctorum


La schola:





 
Sancte Ioannes Baptista, R.  ora pro nobis.
Sancte Ioseph, R.  ora pro nobis.
Omnes sancti patriarchæ et prophetæ, R.  orate pro nobis.
 
Sancti Petre et Paule, R.  orate pro nobis.
Sancte Andrea, R.  ora pro nobis.
Sancte Ioannes, R.  ora pro nobis.
 
Sancte Thoma, R.  ora pro nobis.
Omnes sancti apostoli et evangelistæ, R.  orate pro nobis.
Sancta Maria Magdalena, R.  ora pro nobis.
 
Omnes sancti discipuli Domini, R.  orate pro nobis.
Sancte Stephane, R.  ora pro nobis.
Sancte Ignati Antiochene, R.  ora pro nobis.
 
Sancte Laurenti, R.  ora pro nobis.
Sanctæ Perpetua et Felicitas, R.  orate pro nobis.
Sancta Agnes, R.  ora pro nobis.
 
Sancta Cæcilia, R.  ora pro nobis.
Sancta Teresia Benedicta a Cruce, R.  ora pro nobis.
Omnes sancti martyres, R.  orate pro nobis.
 
Sancte Gregori, R.  ora pro nobis.
Sancte Ambrosi, R.  ora pro nobis.
Sancte Augustine, R.  ora pro nobis.
 
Sancte Athanasi, R.  ora pro nobis.
Sancte Basili, R.  ora pro nobis.
Sancte Martine, R.  ora pro nobis.
 
Sancta Cyrille et Methodi, R.  orate pro nobis.
Sancte Francisce de Sales, R.  ora pro nobis.
Sancte Benedicte, R.  ora pro nobis.
 
Sancte Francisce, R.  ora pro nobis.
Sancte Dominice, R.  ora pro nobis.
Sancte Nicolæ de Flüe, R.  ora pro nobis.
 
Sancte Ignati de Loyola, R.  ora pro nobis.
Sancte Francisce Xavier, R.  ora pro nobis.
Sancte Ioannes Maria Vianney, R.  ora pro nobis.
 
Sancte Michael Febres Cordero, R.  ora pro nobis.
Sancte Pie decime, R.  ora pro nobis.
Sancta Clara, R.  ora pro nobis.
 
Sancta Birgitta, R.  ora pro nobis.
Sancta Catharina Senensis, R.  ora pro nobis.
Sancta Teresia a Iesu, R.  ora pro nobis.
 
Sancta Maria Anna a Iesu de Paredes, R.  ora pro nobis.
Sancta Teresia a Iesu Infante, R.  ora pro nobis.
Omnes Sancti et Sanctæ Dei, R.  orate pro nobis.
 




 
Ab omni malo, R.  libera nos, Domine.
Ab omni peccato, R.  libera nos, Domine.
A morte perpetua, R.  libera nos, Domine.
 
Per incarnationem tuam, R.  libera nos, Domine.
Per mortem et resurrectionem tuam, R.  libera nos, Domine.
Per effusionem Spiritus Sancti, R.  libera nos, Domine.
 




 
Ut Ecclesian tuam sanctam regere et conservare digneris, R.  te rogamus, audi nos.
Ut domnum apostolicum et omnes ecclesiasticos ordines in sancta religione conservare digneris,R.  te rogamus, audi nos.
Ut operarios in messem tuam mittere digneris,R.  te rogamus, audi nos.
 
Ut cunctis populis pacem et veram concordiam donare digneris, R.  te rogamus, audi nos.
Ut nosmetipsos in tuo sancto servitio confortare et conservare digneris, R.  te rogamus, audi nos.
Iesu, Fili Dei vivi, R.  te rogamus, audi nos.




Terminato il canto, il Santo Padre conclude la supplica dell'assemblea con l'orazione:

Preces populi tui, quæsumus, Domine, benignus admitte; et Spiritus tui luce mentes nostras dignanter illustra: ut quod famulatu nostro gerimus et tibi placeat et Ecclesiæ tuæ proficiat incrementis.

Per Christum Dominum nostrum.

R.  Amen.

Ti preghiamo, Signore: accogli, nella tua bontà, le preghiere del tuo popolo e illumina le nostre menti con la luce del tuo Spirito, affinché ti sia gradito il nostro devoto servizio e giovi al progresso della tua Chiesa.

Per Cristo nostro Signore.

R.  Amen.

Ad honorem Sanctæ et Individuæ Trinitatis, ad exaltationem fidei catholicæ et vitæ christianæ incrementum, auctoritate Domini nostri Iesu Christi, beatorum Apostolorum Petri et Pauli ac Nostra, matura deliberatione præhabhita et divina ope sæpius implorata, ac de plurimorum Fratrum Nostrorum consilio, Beatos:


Caietanum Errico,
Mariam Bernardam Bütler
Alfonsam ab Immaculata Conceptione et
Narcissam a Iesu Martillo Morán

Sanctos esse decernimus et definimus, ac Sanctorum Catalogo adscribimus, statuentes eos in universa Ecclesia inter Sanctos pia devotione recoli debere.

In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti.

Ad onore della Santissima Trinità, per l'esaltazione della fede cattolica e l'incremento della vita cristiana, con l'autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dopo aver lungamente riflettuto, invocato più volte l'aiuto di molti Nostri Fratelli nell'Episcopato, dichiariamo e definiamo Santi i Beati:

Gaetano Errico,
Maria Bernarda Bütler,
Alfonsa dell'Immacolata Concezione e
Narcisa de Jesús Martillo Morán

e li iscriviamo nell'Albo dei Santi e stabiliamo che in tutta la Chiesa essi siano devotamente onorati tra i Santi.


Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.







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